28 marzo 2024
Aggiornato 22:00
Di fronte alla continua riduzione dei sostegni europei

Vino: Fedagri / Confcooperative Emilia Romagna punta su integrazione ed internazionalizzazione

Una strategia che superi i limiti di una commercializzazione ancora troppo concentrata e dipendente dal territorio di origine, che colga le opportunità che la nuova OCM apre in termini di promozione all’estero e punti ad aggiungere valore ai prodotti locali

Di fronte alla continua riduzione dei sostegni europei, che proseguirà anche con la nuova Organizzazione Comune di Mercato (OCM), e in presenza di un mercato che conseguentemente diviene l’unico ambito entro il quale giocare la propria sfida competitiva, la cooperazione vitivinicola emiliano-romagnola - pur forte delle sue eccellenze locali e di un particolare radicamento territoriale - non può che ragionare in grande, accrescendo sensibilmente la sua forza commerciale e soprattutto puntando sull’incremento del flusso delle esportazioni, che nel 2007 ha prodotto 218 milioni di fatturato per le imprese della regione.

Una cooperazione – come è emerso dal Convegno promosso da Fedagri/Confcooperative Emilia Romagna e da Confcooperative Reggio Emilia – che negli ultimi 10 anni ha investito ingenti risorse in strutture e in tecnologie e che in diverse aree della regione detiene quote superiori al 90% sulla trasformazione delle uve (il 60%, in regione, è legato alle sole strutture di Fedagri/Confcooperative), ma che oggi deve compiere un deciso scatto sul piano delle integrazioni commerciali, perseguendo nuove politiche di marca e creando una più forte rete di vendita particolarmente orientata a quei mercati esteri sui quali – al contrario di quanto avviene su quelli domestici – le richieste e i consumi continuano ad aumentare.

Una strategia, insomma, che superi i limiti di una commercializzazione ancora troppo concentrata e dipendente dal territorio di origine, che colga le opportunità che la nuova OCM apre in termini di promozione all’estero e punti ad aggiungere valore ai prodotti locali.
I dati, infatti, sottolineano con evidenza che la quota dell’export è modesta (l’8% il valore di quelle regionali sul totale nazionale, nonostante a livello produttivo l’Emilia Romagna rappresenti il 13% del dato nazionale), ma soprattutto che il valore medio per litro è abbondantemente sotto la media del Paese (1,38 euro/litro contro i 2,46 euro/litro dell’Italia).

La risposta – hanno sottolineato Paolo Bruni, presidente nazionale di Fedagri/Confcooperative, il presidente regionale Ivo Guerra e il presidente di Confcooperative Reggio Emilia, Giuseppe Alai, – sta allora in nuovi investimenti decisamente orientati al mercato e all’export piuttosto che a strutture e impianti già a livello d’eccellenza, con conseguenti integrazioni (senza che questo significhi fusioni tra le imprese) finalizzate alla commercializzazione e a politiche di marketing in grado di valorizzare maggiormente (con rapporti diretti con le catene distributive di tutto il mondo) quella qualità delle produzioni che è stata l’oggetto pressoché esclusivo degli investimenti dell’ultimo decennio.

L’esperienza portata da Giancarlo Prevarin, direttore generale delle Cantine Colli Berici (un gigante da un milione di quintali di uve) e lo scenario competitivo disegnata o dal prof. Gabriele Canali dell’Università Cattolica di Piacenza e da Giuseppe Battistuzzi (responsabile del settore vitivinicolo di Fedagri/Confcooperative) non lasciano dubbi al proposito: «le opportunità sui mercati esteri – ha detto Canali – sono ancora ampie, e allora la commercializzazione deve essere affrontata come l’attività più importante, improntata ad efficienza ed efficacia ed orientata in modo strategico alle esigenze dei consumatori e del sistema distributivo».
«Mentre prevede progressive riduzioni (sino alla eliminazione) dei sostegni legati, ad esempio, alle distillazioni, la stessa nuova OCM – ha aggiunto Battistuzzi – mette nuove risorse a disposizione della promozione sui mercati dei Paesi terzi, con finanziamenti in progressiva crescita fino a rappresentare, nel 2014, quasi il 30% dell’intero plafond assegnato per allora all’Italia (337 milioni), con una quota analoga destinata alla ristrutturazione e riconversione dei vigneti e quasi 77 milioni finalizzati ad investimenti per migliorare l’integrazione di filiera e la competitività.

La strada, dunque, sembra segnata, come ha sottolineato l’assessore regionale Tiberio Rabboni: «l’internazionalizzazione, la qualità, la riconoscibilità e l’affidabilità dei prodotti, unite ad un miglioramento dell’efficienza di filiera e della logistica sono le tre linee sulle quali investire, avendo a riferimento un partner fondamentale come la cooperazione, ai cui risultati e alle cui potenzialità sono chiamate a guardare 60.000 imprese agricole».