25 aprile 2024
Aggiornato 03:30
Corte di Cassazione, Sezione Lavoro, Sentenza del 28 luglio 2008, n. 20532

Qualificazione del rapporto di lavoro subordinato

Gli elementi caratterizzanti

Con Sentenza del 28 luglio 2008, n. 20532 la Sezione Lavoro della Suprema Corte di Cassazione, in merito agli elementi caratterizzanti la qualificazione del rapporto subordinato, ha chiarito che il rapporto di lavoro subordinato si fonda sul vincolo della subordinazione di cui all’art. 2094 del codice civile, per effetto del quale il prestatore di lavoro subordinato si distingue da quello autonomo per la soggezione dello stesso al potere direttivo, sia organizzativo che disciplinare, del datore di lavoro, con derivante vincolo di subordinazione e limitazione dell'autonomia dello stesso lavoratore.

Nel caso di specie la Sezione Lavoro della Suprema Corte di Cassazione ha rilevato criticamente che «la Corte di Appello non ha verificato la sussistenza di tutti gli elementi costituitivi del rapporto di lavoro subordinato, ma soltanto alcuni, laddove per qualificare come subordinato il rapporto di lavoro avrebbe dovuto accertare tutti gli altri suddetti elementi costitutivi, tanto più quando documentalmente risultava che egli era alle dipendenze di altra società».
Per la Corte di Cassazione quello che rileva per il corretto inquadramento della fattispecie del lavoro subordinato sono i citati fattori costitutivi sopra descritti che devono essere valutati con riguardo a due ulteriori elementi: la specificità dell'incarico conferito al lavoratore e il modo della sua attuazione.
Per la Corte di Cassazione, dunque, è necessario che il potere direttivo si estrinsechi in ordini specifici, non solo con direttive di carattere generale, che sono configurabili anche nel lavoro autonomo, poiché attraverso di essi viene assicurata la cd. «£conformazione della prestazione del lavoratore subordinato rispetto alle esigenze dell'impresa».
La Corte di Cassazione ha chiarito che la presenza di altri indici rivelatori della subordinazione come l’assenza del rischio, la continuità della prestazione lavorativa, l'osservanza di un orario di lavoro, la forma della retribuzione e di un'organizzazione imprenditoriale, assumono natura meramente sussidiaria, ma non decisiva, in quanto sono tutti in sé compatibili anche con rapporti di collaborazione continuativa e autonoma.

Fatto e diritto
Un dipendente aveva fatto ricorso alla società per rivendicare il riconoscimento del rapporto di lavoro subordinato alle sue dipendenze per oltre 5 anni con le mansioni e la qualifica di «segretario» e con un orario lavorativo di 59,30 ore settimanali.
Il ricorrente, dopo avere dedotto che la retribuzione corrispostagli era inadeguata ex artt. 36 Cost. e 2099 cod. civ. rispetto alla quantità ed alla qualità del lavoro prestato, chiedeva la condanna della convenuta al pagamento di una cospicua somma a titolo di differenze paga, tredicesima e quattordicesima mensilità, indennità sostitutiva delle ferie, festività, lavoro straordinario, indennità sostitutiva del preavviso e trattamento di fine rapporto.
La Corte di appello di Salerno in parziale accoglimento dell'appello e in parziale riforma della sentenza appellata, condannava la società appellante al pagamento, in favore dell'appellato, della somma di Euro 19.032,00 (pari al L. 36.851.722), in luogo della relativa statuizione di primo grado appellata, con accessori come da sentenza gravata e fino al soddisfo e confermava nel resto la sentenza gravata, compensando per intero tra le parti le spese del grado.
Per la cassazione di tale sentenza il dipendente ha proposto ricorso in Cassazione.

La decisione della la Sezione Lavoro della Suprema Corte di Cassazione
La Sezione Lavoro della Suprema Corte di Cassazione ha stabilito che la ricorrente in via incidentale - denunciando «violazione degli artt. 2094 e 2697 cod. civ. e vizi di motivazione circa il riconoscimento del rapporto di lavoro subordinato tra le parti» - rileva criticamente che «la Corte di Appello non ha accertato la sussistenza di tutti gli elementi costituitivi del rapporto di lavoro subordinato, ma soltanto alcuni, laddove per qualificare come subordinato il preteso rapporto di lavoro dedotto dal dipendente avrebbe dovuto accertare tutti gli altri elementi costitutivi innanzi specificati, tanto più quando documentalmente risultava che egli era alle dipendenze di altra società.
Per la Corte di Cassazione la Corte di appello nell'accertare e definire la natura subordinata del rapporto intercorso tra le parti, si è attenuta esattamente ai criteri fissati dalla giurisprudenza per la determinazione della natura (subordinata ovvero autonoma) del rapporto di lavoro alla stregua dei parametri normativi desumibili dall'art. 2094 cod. civ., secondo cui gli elementi che differenziano il lavoro subordinato dal lavoro autonomo sono l'assoggettamento del lavoratore al potere direttivo, organizzativo e disciplinare datoriale, con conseguente limitazione della sua autonomia e suo inserimento nell'organizzazione aziendale (id est, sussistenza effettiva del vincolo di subordinazione).

In particolare, tali elementi debbono essere apprezzati con riguardo alla specificità dell'incarico conferito al lavoratore ed al modo della sua attuazione atteso che, in linea di principio, il potere direttivo deve estrinsecarsi in ordini specifici, perché è attraverso gli stessi, (e mediante non solo direttive di carattere generale configurabili anche nel lavoro autonomo), che viene assicurata la cd. conformazione della prestazione del lavoratore subordinato rispetto alle esigenze dell'impresa.
Altri elementi, invece - quali la cd. assenza del rischio, la continuità della prestazione, l'osservanza di un orario, la localizzazione della prestazione e la cadenza e la misura fissa della retribuzione - assumono natura meramente sussidiaria e non decisiva.
Per la Corte di Cassazione la qualificazione del rapporto compiuta dalle parti nell' iniziale stipulazione del contratto non è necessariamente determinante, poiché nei rapporti di durata il comportamento delle parti può essere idoneo ad esprimere sia una diversa effettiva volontà contrattuale, sia una nuova diversa realtà effettuale (in generale, in merito a tale aspetto cd. definitorio nell'ambito della questione concernente la distinzione tra lavoro subordinato e lavoro autonomo.
Con particolare riferimento all'attività lavorative oggetto della presente controversia la Corte di Appello aveva che «la collaborazione era stata offerta all'interno dei locali del Laboratorio, con utilizzazione dei mezzi da questo messi a disposizione (ad es. computer), con continuità ed in coincidenza con gli orari di apertura della struttura».

Corte di Cassazione, Sezione Lavoro, Sentenza del 28 luglio 2008, n. 20532