2 agosto 2025
Aggiornato 00:30
La terza giornata di Economia3 al cubo

Il tessile cerca tecnici installatori. Pochi i laureati in azienda

Agli ex Macelli una tavola rotonda sulle ‘nuove’ competenze

«Ragazzi, non è vero che il tessile non ha futuro». Anzi, nonostante le difficoltà e la congiuntura sfavorevole ci sono posti di lavoro che le aziende non riescono a riempire. Un esempio? I tecnici installatori di macchinari tessili, quelli ‘spediti’ con le macchine da montare a giro per il mondo e che le aziende - parola di Francesca Fani, imprenditrice e membro dell’Unione Industriali pratese - fanno fatica a trovare e formare. Nonostante che ci sia il Buzzi, la scuola che in città rimane un gran serbatoio di tecnici ma da dove «troppi talenti migrano verso l’università».

Negli ex Macelli di Prato – davanti al tavolo dei relatori dieci grandi pannelli raccontano i grandi marchi d’impresa e il brand image, da Coop e Superal, da Fiorucci a Benetton, da Ferrari e Campari a Pirelli e Agip, fino a Piaggio, Olivetti, Barilla e Rinascente – stamani si è parlato di competenze. O meglio delle nuove competenze, delle figure professionali che mancano (e delle filiere trainanti) che possono aiutare a far crescere le aziende e l’economia. Una chiacchierata per raccontare esperienze positive, ma anche pratiche come una più diffusa ‘contaminazione’ tra imprese e università, trasmissione di competenze all’interno delle aziende, ‘meticciato’, «esperienza nella formazione» e «formazione nelle competenze», parole guida da tempo evocate ma per ammissione di tutti ancora poco praticate. Perché le imprese sono troppo piccole e perché manca la necessaria cultura di impresa. «Ma l’acqua comincia a salire – annota Pier Giovanni Bresciani dello Studio Beta di Bologna – e in una situazione che si fa sempre più difficile è probabile che le aziende dimostrino quell’attenzione e quello scatto atteso di cui ancora non sono state protagoniste».

Le contraddizioni di un mercato che non sembra offrire lavori stabili sono sul giornale della mattina: 32 anni, diverse esperienze di lavoro e due lauree in giurisprudenza e marketing, una giovane si lamenta di non riuscire a trovare un’occupazione stabile. E c’è chi le consiglia di sfoltire il curriculum.
C’è evidentemente qualcosa che non funziona. Aziende e scuola spesso parlano linguaggi diversi. Una cosa sono le conoscenze e altre le competenze, ovvero la capacità di utilizzare le conoscenze, si sottolinea agli ex Macelli. «Imprese piccole, come quelle tessili a Prato, non investono a sufficienza sui laureati» sottolinea Solitario Nesti della Tecnotessile, laboratorio di nuove idee. Le lauree brevi sono state un fallimento, aggiunge Nesti e ripete Fani. Anche l’apprendistato non funziona.

Ci sono comunque anche esperienze positive. «Un esempio di filiera trainante in Toscana è la nautica» ricorda Davide Zolesi dei Giovani Industriali di Livorno. «Una filiera non nuova, ma che con l’arrivo dei cantieri Benetti si è convertita agli yacht e mega yacht di lusso». Una filiera già molto lunga, con buoni margini di profitti e che potrebbe allungarsi ancora di più nei servizi turistici e alle imprese. Certo, aggiunge, sul treno che parte bisogna salire per tempo: pronti magari a cambiarlo tra dieci o venti anni. E per le piccole e medie imprese che purtroppo non possono investire in ricerca, c’è chi come Marcello Traversi di Firenze Tecnologie si propone come cerniera tra università e aziende. Da lui sono già 94 i ricercatori sotto contratto, pagati dalle imprese.