19 aprile 2024
Aggiornato 08:00
Sicurezza alimentare

Mucca pazza: primo caso italiano del 2008

ADOC: «Siamo preoccupati, necessaria maggiore tutela della salute e della qualità degli alimenti»

Un nuovo caso di mucca pazza in Italia, il primo del 2008, dopo due anni privi di segnalazioni. Adoc preoccupata dal ritorno dell’incubo BSE.
«Siamo molto preoccupati dall’accertamento di un nuovo caso di mucca pazza in Italia – dichiara Carlo Pileri, Presidente dell’Adoc - sono necessari maggiori controlli sugli allevamenti e sul rispetto delle regole da parte degli allevatori in merito all’utilizzo dei mangimi per il bestiame. In caso di comportamenti non regolari, devono essere applicate sanzioni appropriate, la sicurezza dei cittadini non può e non deve essere messa in pericolo. Ci domandiamo, inoltre, come questo nuovo caso si possa conciliare con il tentativo di riduzione delle informazioni in favore dei consumatori, in tema di tracciabilità e indicazione d’origine. E’ fondamentale che ci sia un’armonizzazione, al massimo livello, di tutte le normative a tutela della salute e della qualità degli alimenti. Senza le quali la tracciabilità e l’indicazione d’origine risulterebbero ingannevoli e pericolose.»

Per Adoc positiva la recente decisione del Parlamento Europeo di vietare l’uso alimentare della carne clonata.

«Bene l’intervento del Parlamento Europeo – continua Pileri - che ha deciso di vietare l’utilizzo di animali clonati e dei loro derivati, sia come prodotti alimentari destinati ai consumatori, che come mangime per gli allevamenti. Importante che il divieto all’importazione sia effettivo per i prodotti freschi e per quelli lavorati. E’ stato capito che la salute delle persone dipende anche dalla salute degli animali destinati all’alimentazione.»

Per l’Adoc importante anche l’intervento della UE sull’uso degli anticrittogamici.

«Accogliendo le nostre richieste, il livello massimo di pesticidi sui prodotti agricoli è stato ridotto e armonizzato per tutti i ventisette Paesi dell'Unione Europea, dal primo settembre – conclude Pileri – fino ad oggi in Italia è avvenuta l’importazione di prodotti provenienti da altri Paesi europei, che non rispettano le severe norme di produzione vigenti nel nostro Paese. Prodotti per cui non può essere garantita né la tracciabilità né l’etichettatura, e per i quali si utilizzano fitofarmaci o concimi da noi vietati da oltre 20 anni. Questi prodotti «non a norma» arrivano ad occupare oltre il 20% del venduto fresco, con danno per i consumatori e i produttori italiani seri e onesti».