20 aprile 2024
Aggiornato 13:00
Impresa e occupazione

A Biella e provincia meno addetti e meno imprese

Conti di fine anno: il Biellese chiude con 750 posti di lavoro in meno rispetto al 2015 ed un calo percentuale delle imprese attive del -1,4%

BIELLA – A fine anno c’è l’uso di tirar le somme. È poi da vedere se i numeri che vengono fuori piacciono o no. A pochi giorni dall’11 di gennaio, data in cui la Consulta si pronuncerà sui referendum relativi al Jobs Act, almeno qui da noi la bilancia non pende dal verso giusto per quanto riguarda imprese ed occupazione. Facendo i conti sulla base dei dati di Unioncamere più recenti, quelli relativi al terzo trimestre del 2016, vediamo che la nostra provincia, ed un po’ il Piemonte tutto, vanno controcorrente con meno imprese attive e meno addetti rispetto al 2015.

Imprese: secondo Unioncamere si viaggia verso il pre-crisi
A livello nazionale nei primi nove mesi dell’anno lo stock delle imprese iscritte alle Camere di commercio è aumentato di 41.597 unità, 2.227 in più rispetto allo stesso periodo del 2015, per un tasso di crescita allo 0,7%. Il bilancio positivo si aggiunge a quelli dei primi nove mesi del biennio 2014-2015 e riporta il ritmo di ricambio della base imprenditoriale ai valori del 2007. Insomma, secondo Unioncamere ci si riavvicina pian piano al periodo pre-crisi, con una lenta ma efficace ricostruzione imprenditoriale. Un dato confortante, ma di media, e che quindi non investe tutti.

Ma il Biellese non cresce
Un esempio arriva proprio dal Piemonte e dalla nostra provincia. Per quanto riguarda la nati-mortalità delle imprese, ovvero il saldo tra iscritte e cessate, a livello regionale siamo in positivo, anche se non di molto: in totale anno aperto i battenti 4.581 attività e li hanno chiusi 4.057, la crescita è dello 0,12% appena inferiore a quella del 2015 che toccava lo 0,14. Ragionando per macro-aree siamo un po’ scarsi, visto che in media il Nord-Ovest arriva allo 0,22%. Se scendiamo nel dettaglio locale le cose vanno meno bene, nei regimi di crescita relativi al III trimestre 2016, Biella è tra i fanalini di coda con un -0,05%, tradotto in numeri più comprensibili nel periodo preso in esame si sono iscritte al Registro delle Imprese 175 nuove attività e ne sono cessate 184. Facendo un conteggio tra l’anno che sta scorrendo via e il 2015 la decrescita è del -1,4%.

Occupazione: la provincia perde 750 addetti
Scende il numero delle imprese, giocoforza diminuiscono anche gli addetti. E il Biellese ne perde 750 rispetto al 2015: lavoravano 52.678 persone, ora ne lavorano 51.928. La decrescita in termini percentuali è del -1,4, esattamente uguale a quella registrata dalle imprese. Appunto. La performance è la peggiore di tutta la regione e l’unica di segno meno insieme a quella della vicina Vercelli (-0,8%), va detto comunque che una sola provincia riesce ad avvicinarsi al dato nazionale del +3% è Torino con un +2,9%.

Chi sale: turismo, commercio e servizi alle imprese. Chi scende: manifatturieri e costruzioni
Tornando al panorama nazionale, oltre la metà del saldo gennaio-settembre è frutto del contributo di tre soli settori: turismo (+10.584 imprese), commercio (+6.703) e servizi alle imprese (+6.405). Nello stesso periodo, sono rimasti in campo negativo le costruzioni (-2.485 unità da inizio anno), le attività manifatturiere (-1.657) e il comparto dell’estrazione di minerali (-34). Rispetto al 2015, nei primi nove mesi di quest’anno è cresciuta sensibilmente la componente del saldo determinata dal Mezzogiorno, passata dal 39,6 al 45,2% del totale.

Lavoro dipendente, chi guadagna di più
A chiusura d’anno Istat mette in campo anche un’interessante ricerca, basata sulle retribuzioni medie per categoria e sul gender-gap. I dati elaborati si riferiscono al 2014 e ci dicono che in Italia la retribuzione media lorda è di 14,1 euro, con molte variabili. Vediamone alcune: tra i settori di attività economica, la retribuzione oraria media più elevata si percepisce nelle attività finanziarie ed assicurative (25,4 euro); queste ultime sono anche quelle che presentano la maggiore variabilità al loro interno. La più bassa, pari a 9,8 euro, se la aggiudicano invece gli addetti del settore Altre attività dei servizi, un calderone in cui finisce un po’ di tutto nel mondo dei sottopagati. Passando alle differenze di genere il differenziale retributivo delle donne rispetto agli uomini è negativo e pari al 12,2% e cresce quando crescono le responsabilità: nelle posizioni con la laurea e oltre la retribuzione oraria delle donne è di 16,1 euro contro 23,2 euro degli uomini; un differenziale del -30,6%.