24 aprile 2024
Aggiornato 20:00
Vini e miti

Domaine J-F Coche Dury, non solo grandi bianchi

Da quarant'anni sopravvive il mito di uno dei più grandi produttori di Borgogna. I suoi vini sono tra i più speculativi del mondo, e in pochi giorni dall'uscita dalla sua cantina di Meursault possono valere più di 500 o anche 1000 euro

MEURSAULT - Vini e miti, viti e miti, si perché come succede da alcuni decenni nella comunicazione relativa agli chef di cucina italiani, dove periodicamente uno di essi viene preso positivamente di mira dai principali divulgatori specializzati in tagliatelle, anche per alcuni produttori di vini francesi accade ed è accaduta la medesima cosa, dove sono però altri guru della critica (quella vinicola internazionale) a sentire il bisogno di concentrare la loro attenzione su un singolo personaggio. Sempre a caccia di novità, desiderosi di trovare un nuovo astro da lanciare in orbita, chiudono gli occhi e iniziano una gara a chi lo sostiene di più, stimolandolo, elogiandolo e forse anche  appoggiando la sua immaginetta sul comodino a fianco al letto, così da ricordarsi il giorno dopo di avergli promesso quel mezzo punto in più per la Guida dell’anno successivo.

L’IMPORTANZA DELLE GUIDE - E se saranno diverse le guide a impegnarsi nello stesso sport -forse per mancanza di alternative- partirà una gara a chi gli darà un punteggio migliore, anno per anno, facendo diventare uno chef bravo ma non eccezionale, un’autentica star della sua categoria professionale. Per lo chef messo nel mirino sarà motivo di orgoglio e di soddisfazione, ma in realtà sarà stato come aver fatto 13, che nel giro di qualche anno non sarà più 13 ma diventerà 18 o 19 quel numero. Lo spirito critico muore, e il nostro chef potrà vivere di rendita per qualche decennio, perché tra di loro, tra divulgatori gastronomici, raramente si smentiranno l’un altro, forse per insicurezza, o per evitare di uscire pericolosamente dalla voce corale che li circonda e che potrebbe escluderli dai giochi, bollandolo come incompetente o pretestuoso nel suo modo di agire contro corrente.

IL LAVORO IN CANTINA - Qualche cosa del genere deve essere successo anche per Jean François Coche Dury, un vero mago della vinificazione e dell’affinamento in cantina. L’abile vinificatore di Meursault, che iniziò a colpire l’immaginario dei critici già a partire dalla seconda metà degli ’70, diventò in breve tempo molto noto presso un pubblico fatto di ristoratori e collezionisti dal buon naso (anche per gli affari) che individuarono progressivamente nel Domaine di Meursault un mito da mitizzare ulteriormente. I giornalisti fecero da gran cassa costruendone un immagine mediatica glorificabile a vita.

BUSINNES IS BUSINNES - La speculazione in questi casi vola, e se è vero che i vini di Meursault di Coche Dury sono molto buoni e riconosciuti tali ovunque al mondo, non si è mai capito perché la speculazione si sia dovuta proprio accanire su questo Domaine piuttosto che non su altri del medesimo comune. Forse i lunghi élevage tanto cari agli appassionati d’Oltre Oceano hanno contribuito  a far aleggiare un’aura aurea intorno a questi vini, non riscontrabile altrove. Qui, mineralità, frutto maturo, equilibrata acidità e l’elegante boisé alla nocciola (grillée), piacque così tanto da far passare in secondo piano la raffinata finezza dei vini rossi spesso migliori dei bianchi, lavorati più di fioretto che di spada, ma elle principali guide di vini francesi, troverete spesso recensiti solo i bianchi, tralasciando colpevolmente vere filigrane profumate di melograno, lampone e tartufo nero.

PRIMA I ROSSI - Definirli vini rossi è tanta roba, come si usa dire, perché in realtà si tratta di un rubino tenue e rarefatto che promette poco a chi ama i vinoni scuri e massicci. La bellezza dei vini rossi di Coche Dury sta invece nel sottile equilibrio trovato attraverso una vinificazione che privilegia i profumi e che salvaguarda i caratteri del terroir dal quale provengono, come fossero un esile merletto, o una filigrana d’argento profumata di melograno e lamponi, che sono frutti diversi dal mirtillo o la ciliegia (che non profumano se presi così come sono), ma che sottintendono un bouquet mirato sulla concentrazione piuttosto che sulla finezza di un rosso da pinot noir della Cote de Beaune, che è piuttosto diversa da quella riscontrabile in Cote de Nuits.

VIN DE PLAISIR – Da un totale di soli 2,5 ettari di pinot noir escono vini fatti di finezza, territorialità, gourmandise e grande persistenza, cercata e trovata su alcune parcelle di Volnay, di Auxey Duresses e Pommard, che fanno sembrare quasi grevi ed esotici i bianchi – da 8,5 ettari di chardonnay- , che siano  provenienti da Meursault, da Puligny Montrachet o da quella piccola parcella di Corton Charlemagne, da cui Coche Dury ha ricavato il materiale per costruire una delle cattedrali più ambite da visitare al mondo. Il suo Corton Charlemagne, prodotto in piccolissima quantità, è infatti diventato un vino cult a livello mondiale, ancora più dei già idolatrati Meursault, e quotato mediamente ben sopra i 1000/1500 euro a bottiglia per le migliori annate come la 1996 o la 2002.