A Verdone la migliore interpretazione del prete cinematografico
Cento foto di attori in abiti talari esposte alla Pontificia Università Lateranense: dal Fabrizi di Rossellini, a Tognazzi, al Moretti di «la messa è finita»
ROMA - Quale attore ha impersonato meglio la figura del prete? Non ci si crederà ma il Cardinale Angelo Bagnasco ha dato il suo gradimento a Carlo Verdone che, a suo avviso, meglio di ogni altro ha saputo vestire l’abito talare nei film. Una considerazione che il presidente della Conferenza Episcopale Italiana, ha fatto durante la presentazione della mostra fotografica «Preti al cinema. I sacerdoti e l’immaginario cinematografico» che fino al 22 giugno sarà aperta alla Pontificia Università Lateranense. E Verdone, da par suo, ha ringraziato, tanto che nella sala Pio XI sembrava di assistere a uno dei suoi sketch più esilaranti: «Sono grato a sua Eminenza per avermi annoerato tra i grandi del cinema che hanno rappresentato i sacerdoti», ha detto con riferimento ad una delle cento foto di scena esposte dove figura vestito da prete.
In questa variopinta galleria di personaggi c’è l’Aldo Fabrizi-don Pietro, l’eroico sacerdote di Roma città aperta di Rossellini; così come troviamo il bonario don Camillo, nel sorrisone a trentadue denti dell’intramontabile Fernandel nonchè un buffissimo Ugo Tognazzi al centro di un coretto di frati nel film Straziami ma di baci saziami, diretto nel ’68 da Dino Risi; o l’inconsueto Luigi Pistilli nella parte di un «buono», padre Pablo Ramirez in Il buono il brutto il cattivo di Sergio Leone, che ritroviamo, senza barba e vestito da prete, in una struggente scena tratta da Ladri di biciclette di De Sica. E non poteva mancare l’Albertone nazionale, Sordi, più volte fotografato in abito sacerdotale: dal don Salvatore di Anastasia mio fratell», girato nel ’73 da Steno, al pretino ubriaco, don Giuseppe, dell’episodio del ’64, Il disco volante di Tinto Brass; fino al monsignore bloccato in ascensore insieme a una sfacciata Stefania Sandrelli per Quelle strane occasioni. Meno conosciuta, forse, ma importantissima per ricostruire una sorta di fenomenologia talare, è la figura del prete di Diario di un curato di campagna, diretto da Robert Bresson e interpretato da Claude Laydu