3 maggio 2024
Aggiornato 04:00
Camera di Commercio di Torino

Filiera italiana dell’auto: i componentisti trainano la ripartenza

La ricerca è basata su 290 questionari, per la prima volta compilati on line direttamente dalle imprese e sull’analisi dei bilanci di 2.327 società di capitale

TORINO - Presentata oggi a Palazzo Birago l’edizione 2011 dell’Osservatorio sulla filiera autoveicolare italiana, tradizionale indagine sul settore auto realizzata dalla Camera di commercio di Torino, in collaborazione con ANFIA. La ricerca è basata su 290 questionari, per la prima volta compilati on line direttamente dalle imprese e sull’analisi dei bilanci di 2.327 società di capitale. Lo studio è curato da STEP Ricerche srl.

«Se l’industria mondiale riparte, ma la produzione italiana appare ancora ferma, la filiera dei componentisti mostra di aver già agganciato la ripresa, con un fatturato in aumento del +11,1% a livello nazionale e del +16,4% per il Piemonte – osserva Alessandro Barberis, Presidente della Camera di commercio di Torino. - Il principale motore della crescita si conferma l’export, che recupera quasi totalmente i livelli del precrisi: oggi ben il 73% delle imprese intervistate dichiara di dovere una parte del proprio fatturato ai clienti esteri. In calo la dipendenza da Fiat, in crescita gli investimenti in ricerca e sviluppo e la flessibilità nel rispondere alle mutevoli esigenze del mercato globale».

«La ripartenza del 2010 poggia ancora una volta sulla vocazione internazionale della componentistica italiana – ha dichiarato Mauro Ferrari, Presidente del Gruppo Componenti ANFIA e Vice Presidente di ANFIA – che deve la sua crescita, anche nella prima metà del 2011, ai mercati di sbocco dell’area BRIC, dove ormai possiamo vantare anche una significativa presenza produttiva. Aumenta anche il peso dell’export verso Paesi dell’Europa orientale come Turchia, Repubblica Ceca e Polonia. Ricordo, inoltre, che l’export verso la Serbia – fortemente cresciuto nell’arco dell’ultimo quinquennio (2005-2010) – è previsto in crescita negli anni a venire in ragione degli investimenti recentemente effettuati da Fiat nel Paese. La ripresa, in generale, rimane lenta in Europa e in Italia, con volumi produttivi bassi anche nel 2011 ma, nel nostro Paese, avrà sicuramente un impatto determinante sulla produzione attesa per i prossimi anni il completamento del progetto Fabbrica Italia. In conclusione, concentrarsi sulla competitività, lavorando su innovazione e internazionalizzazione, resta la formula vincente per l’intera filiera automotive italiana.

Sintesi dei principali dati
Nel 2010 l’industria mondiale riprende a crescere, soprattutto grazie a paesi come Cina Brasile, India; l’Italia invece è stabile, ma perde posizioni nella classifica mondiale dei paesi produttori di autoveicoli.
In generale la filiera italiana, con oltre 2.300 imprese, realizza fatturati per complessivi 42 miliardi e occupa circa 169.000 addetti. In Piemonte le imprese sono circa 900, con un fatturato pari a 22,8 miliardi e 90.000 addetti. Rispetto al 2009 il fatturato italiano cresce dell’11,1%, recuperando l’86% dei ricavi precrisi, quello piemontese del 16,4% con un recupero del 90,6%.
La ripresa è guidata dall’export: ben il 73% delle imprese intervistate dichiara di dovere una parte del proprio fatturato a clienti all’estero (il 75% delle piemontesi). Secondo i dati Istat il valore delle esportazioni italiane 2010 in 16,4 miliardi di euro, +25% sul 2009, con un recupero di circa l’88% rispetto al livello pre-crisi.
Anche i componentisti piemontesi registrano un incremento del 25% delle esportazioni (che pari a 7,2 mld valgono il 41% del totale nazionale) e un recupero del 91% rispetto al 2008. Internazionalizzazione significa anche aperture di stabilimenti, che coinvolgono soprattutto India, Cina e Brasile. In calo la dipendenza da Fiat che passa per l’Italia da 63,2 a 56 euro su 100 e per il Piemonte da 78,1 euro a 59, a seguito dei risultati meno brillanti del Gruppo nel 2010.

Situazione internazionale
Nel 2010 l’industria mondiale dell’auto ha ritrovato il passo di crescita registrando record storici di vendite (pari a 69 milioni di immatricolazioni, +14% rispetto al 2009) e di produzione (77,6 milioni di unità, +25,7%). La scomposizione dei dati rivela come la crisi prima e la ripresa dopo abbiano accelerato il cambiamento dei rapporti di forza fra i diversi mercati. La Cina è ormai stabilmente il primo mercato e la prima industria dell’auto, ma accanto ad essa sono cresciuti paesi come il Brasile (in quarta posizione come mercato, in sesta come numero di autoveicoli prodotti) e l’India (rispettivamente sesta e settima posizione). Fra i primi quindici produttori al mondo ormai si trovano anche Messico, Thailandia, Iran e Russia.
Mentre oggi i sistemi produttivi delle economie emergenti sono perfettamente in grado di far fronte da soli a una domanda di mobilità crescente, nei paesi di più antica industrializzazione invece si ha ormai una domanda di sostituzione, peraltro con ritardi rispetto ai livelli pre-crisi sia nelle immatricolazioni sia nella produzione.

Situazione italiana
In controtendenza con il resto del mondo, la produzione finale italiana di autoveicoli nel 2010 è dunque pressoché stabile, rispetto al 2009, rimanendo sotto quota 900 mila unità. Il risultato è dato da una flessione delle autovetture assemblate (-13,3%) e da un recupero dei veicoli industriali (+21,3%) e commerciali leggeri (+49,3%). Notevole è la perdita di posizioni nel mondo, dove l’Italia è passata dall’undicesimo posto del 2000 (con 1,7 milioni di autoveicoli prodotti) al diciannovesimo posto del 2010. L’arretramento è avvenuto anche nel continente europeo: dopo il quinto posto del 2000, si è vista progressivamente superare da Russia, Turchia, Repubblica Ceca e Polonia. Per il 2011 non si prevede una ripresa della produzione finale.

L’Osservatorio della filiera autoveicolare: tutti i dati
Quest’anno l’indagine si basa su:
- 290 questionari per la prima volta compilati on line direttamente dalle imprese della filiera automotive italiana [1] (di queste 176 con sede in Piemonte)
- l’analisi dei bilanci di 2.327 società di capitale censite dall’Osservatorio di cui sono stati stimati i ricavi 2010.

Nel 2010 la filiera della fornitura è dunque riuscita nel suo insieme non solo a «tenere» ma ad incrementare il proprio fatturato, pari a 42,2 miliardi, dell’11,1% rispetto al 2009. A livello italiano si è recuperato l’86% dei ricavi registrati nel 2008.
Per quanto riguarda il Piemonte, le imprese hanno fatturato più di 22,8 miliardi, con una crescita maggiore rispetto a quelle del resto d’Italia (+16,4% rispetto al +5,4%). In Piemonte si è recuperato il 90,6% dei ricavi precrisi.

L’importanza dell’export
Fra i motori che hanno permesso la ripresa delle imprese intervistate, il più importante è stato quello relativo alle esportazioni. La crescita di queste ultime ha coinvolto quasi la metà dei rispondenti. Fra le imprese italiane intervistate, ben il 73% dichiara di dovere una parte del proprio fatturato a clienti all’estero (il 75% delle piemontesi). Quasi la metà degli esportatori del campione ha un fatturato che dipende per la metà o più da commesse oltre confine.

Lo confermano anche i dati Istat che quantificano il valore delle esportazioni italiane 2010 in 16,4 miliardi di euro, +25% sul 2009, con un recupero di circa l’88% rispetto al livello pre-crisi. Anche i componentisti piemontesi registrano un incremento del 25% delle esportazioni (che pari a 6,7 mld valgono il 41,1% del totale nazionale) e un recupero del 91% rispetto al 2008. Se l’Europa rimane l’area più importante per le destinazioni di parti e componenti della filiera regionale, paesi di importanza storica come Germania, Francia, Regno Unito e Spagna nell’ultimo decennio hanno perso progressivamente di importanza (dal 55% del totale all’attuale 40%). Ma il riequilibrio non è avvenuto a beneficio di un maggior export verso i paesi Asiatici o del Nord America, dove le esportazioni negli ultimi anni sono rimaste sostanzialmente stabili. La crescita delle esportazioni piemontesi ha quindi avuto altri approdi e più precisamente in Turchia, Polonia, Brasile, Russia, Serbia e Repubblica Ceca, tutti paesi (a eccezione della Repubblica Ceca) accomunati dalla significativa presenza produttiva del Gruppo Fiat.

Aperture di stabilimenti
Nei mercati distanti le imprese più strutturate preferiscono aprire impianti produttivi direttamente in loco. Se si osserva la classifica dei paesi per numero di aperture di stabilimenti compiute all’estero dal 2008 ad oggi, al primo posto abbiamo l’India, poi la Cina e il Brasile, seguiti da paesi appartenenti all’Europa centrale e all’area NAFTA. Particolarmente importante il Brasile (si veda il focus in ultima pagina): un mercato dove il 30% dei rispondenti dichiara di esportare, ma che suscita l’interesse di un altro terzo del campione che finora ne è rimasto escluso.

L’internazionalizzazione passiva: il 74% del campione acquista forniture all’estero
La globalizzazione interessa sempre più anche gli acquisti. Circa il 74% del campione ha ormai catene di fornitura che si generano (a monte) in paesi esteri, non solo in Europa, ma sempre più in mercati emergenti. Sul totale acquisti del campione, subito dopo la Germania (primo paese) ormai si colloca la Cina. A seguire la Francia e al quarto posto la Corea del Sud. Allo stesso tempo i rapporti con la filiera locale sono ancora ben vivi: il 95% delle imprese piemontesi dichiara di avere almeno un fornitore attivo in regione.

Dipendenza da Fiat
La dipendenza da Fiat appare leggermente ridimensionata rispetto all’anno precedente, a seguito dei risultati meno brillanti del Gruppo: se nel 2009 su 100 euro di ricavi, 63,2 erano dovuti a commesse verso il Gruppo Fiat, nel 2010 scendono a 56 euro.

Questa riduzione è ancora più marcata per il Piemonte, dove il fatturato generato da commesse Fiat scende da 78,1 euro a 59 euro (-24,5% rispetto al 2009 a fronte del -11,4% registrato a livello nazionale).

Le leve competitive: qualità e flessibilità
Per affrontare una concorrenza sempre più globale, le nostre imprese fanno leva su prodotti e servizi caratterizzati da alti livelli di qualità (per il 50% del campione), e sulla capacità di variare velocemente la quantità di output, facendo fronte ai picchi produttivi (circa il 40% del campione), o sulla rapidità nella realizzazione di modifiche rispetto alle specifiche di prodotto (più di un intervistato su 5). La leva del prezzo minore rispetto alla concorrenza è sottolineata solo dal 13% del campione.

Ricerca e sviluppo
Metà dei rispondenti investe più del 2% del proprio fatturato in questo tipo di attività. Nonostante la crescita dei rapporti con le strutture universitarie e di ricerca (39 imprese, pari al 14% dei rispondenti, di cui 23 in Piemonte) la maggior parte della ricerca viene ancora condotta all’interno delle singole aziende. La strada della formalizzazione dei risultati tramite brevettazione è ancora scarsamente considerata. Infine, nonostante le collaborazioni con altre imprese stiano visibilmente crescendo, queste sono soprattutto commerciali (20% del campione è coinvolto in iniziative di questo tipo) e produttive (18%), riguardando in misura minore attività di ricerca e sviluppo (circa il 13% del campione). In crescita gli investimenti in clean tech, ma la parte di fatturato dovuta a queste produzioni non è ancora altrettanto alta.

Gli ordinativi del primo trimestre
L’andamento degli ordinativi raccolti da parte delle aziende intervistate, nel primo trimestre 2011 (rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente), conferma come la ripresa post-crisi continui, grazie a commesse nazionali (per il 60% dei rispondenti), ma soprattutto spinta dagli ordini provenienti dall’estero (il 70% dei rispondenti).

Il Brasile: economia emergente dove Fiat e filiera italiana hanno agganciato la crescita
Quest’anno l’Osservatorio dedica uno specifico approfondimento ad una fra le maggiori economie emergenti: il Brasile. Il prodotto interno lordo di questo paese è cresciuto dal 2004 al 2008 con una media di poco inferiore al 5%. L’industria dell’auto, che impiega 450mila occupati è stata una dei motori di questa crescita: le immatricolazioni sono più che raddoppiate in cinque anni, portando il Brasile, con 3,5 milioni di immatricolazioni, a superare la Germania. Tale volume di vendite nel 2010 ha superato quello di tutti i paesi del centro est Europa messi assieme (Russia compresa). E il totale degli autoveicoli prodotti è persino maggiore: 3,6 milioni di unità.
Il gruppo Fiat ed il resto della filiera italiana giocano qui un ruolo di primo piano. Il gruppo torinese nel 2010 ha realizzato in Brasile ricavi per 11,9 miliardi di euro - un dato del tutto analogo al fatturato prodotto in Italia. Nello stesso anno Fiat vi ha venduto 611mila auto, confermandosi leader del mercato, con una quota pari al 23,1% (contro il 22,7% di Volkswagen ed il 21,2% di General Motors). Il più grande stabilimento del Gruppo (in termini di autoveicoli prodotti) si trova qui, a Betim, nello stato del Minas Gerais. In questo impianto nel 2009 sono stati 751mila gli autoveicoli assemblati: il 30,5% del totale del gruppo nel mondo, il 24,5% dell’intera industria brasiliana.
Per il futuro prossimo le stime parlando di una crescita ulteriore: per il 2014 Fiat prevede di vendere in tutti i mercati latino americani più di 1,1 milioni di autoveicoli, di cui 1 in Brasile. Accanto a Fiat vi è un importante indotto di matrice (diretta o indiretta) italiana.
Per la filiera Italiana il Brasile rappresenta il paese emergente più importante al di fuori dell’Europa: il valore delle esportazioni verso questo paese di parti e componenti auto veicolari risulta il doppio di quello della Russia, il triplo di quello della Cina e dell’India. La quota delle esportazioni di componenti autoveicolari verso il Brasile sul totale nazionale del settore è cresciuta dal 2,9% del 2009 al 4,1% del 2010. Le esportazioni piemontesi di parti e componenti autoveicolari sono i due terzi circa di quelle nazionali (605 milioni di euro), tanto che il Brasile rappresenta per valore il quinto paese di destinazione delle esportazioni della filiera autoveicolare regionale.