16 aprile 2024
Aggiornato 18:00
Formula 1

Spunta il responsabile della rottura della candela Ferrari

Non ci è voluto molto perché il nome del fornitore di quel «componente che costa 59 euro», come lo ha definito il presidente Sergio Marchionne, che è costato il GP del Giappone e forse anche il Mondiale alla Rossa. E la beffa è che si tratta di un'azienda di casa, che ha sede a pochi km dalla pista

Il definitivo rientro ai box di Sebastian Vettel domenica a Suzuka
Il definitivo rientro ai box di Sebastian Vettel domenica a Suzuka Foto: ANSA

ROMA – Se già il Gran Premio della Malesia aveva ridotto al lumicino le chance di titolo mondiale per la Ferrari, quello del Giappone le ha spente del tutto. La colpa degli ultimi due pesanti flop del Cavallino rampante è stata la stessa: il motore, che ha ceduto per ben tre volte nel weekend di Sepang e una, decisiva, a Suzuka, costringendo al ritiro Sebastian Vettel dopo soli quattro giri. Ma la causa di queste rotture è stata diversa: nel primo caso a guastarsi sono stati i collettori del turbo, nel secondo la candela di un cilindro che si è rotta insieme alla bobina. Il minimo comun denominatore è che non si è trattato del corpo del propulsore realizzato a Maranello, ma di semplici singole componenti che provengono da fornitori esterni. Addirittura pezzi dal costo irrisorio: «Quando un componente che costa 59 euro fa saltare la gara, considerando che le macchine costano milioni di euro... avere un problema simile, veramente una sciocchezza tecnica, dà veramente fastidio», si è sfogato ieri il presidente Sergio Marchionne, intervistato dalla tv americana Cnbc, a margine della cerimonia della campanella di apertura di Wall Street.

Figuraccia a domicilio
Per il più recente di questi episodi, quello del Sol Levante, il responsabile non solo è già stato individuato, ma è stato anche reso pubblico dalle agenzie di stampa: la famigerata candela che si è rotta, infatti, è costruita dalla Ngk. E la beffa delle beffe è che si tratta di un'azienda che giocava in casa: la sua sede centrale, infatti, è giapponese, e si trova a meno di un'ora di macchina dalla pista che ospitava il GP. Resta il fatto indiscutibile che puntare il dito unicamente sui partner sarebbe ingeneroso: tutte le componenti, infatti, devono essere sottoposti a rigorosi controlli di qualità interni prima di essere montate sulle monoposto. E, se questi pezzi si sono rivelati troppo fragili, una parte della colpa è evidentemente anche di questo settore che ha dimostrato i suoi limiti nelle ultime uscite. Il primo a farlo notare è stato lo stesso Marchionne, già dopo il caso malese di due domeniche fa, e il fatto che un problema analogo si sia ripetuto a distanza di soli sette giorni ha soltano aggravato la situazione. Dietro a questi fallimenti tecnici, dunque, ci sono anche degli errori umani che, risalendo la piramide dei responsabili, vanno ascritti direttamente al team principal Maurizio Arrivabene. E, infatti, nelle ultime settimane la sua poltrona è tornata a scottare, e sui giornali specializzati di tutto il mondo sono ricomparse indiscrezioni su una sua possibile prossima cacciata. Il diretto interessato domenica, ai microfoni di Sky, si è difeso così: «La macchina al di là dei componenti, che ultimamente ci hanno lasciato a piedi, è buona. Si riparte innanzitutto girando pagina, motivati, facendo delle analisi su quanto è successo e tornando ad Austin decisi a giocarcela». È ora di invertire la tendenza, insomma, e si spera che la Ferrari ci riesca al più presto.