2 maggio 2024
Aggiornato 00:00
Tumori e metastasi

Scoperto il freno dei tumori: blocca la formazione delle metastasi

Un team di scienziati internazionale ha scoperto che esiste un metodo per bloccare la formazione delle metastasi

Scoperto il meccanismo che blocca le metastasi
Scoperto il meccanismo che blocca le metastasi Foto: Jovan vitanovski | Shutterstock Shutterstock

Sono trascorsi già diversi anni da quando la scienza ha scoperto che gli esseri umani hanno un sistema naturale per bloccare le cellule malate. Tale sistema prende il nome di p53: si tratta di una proteina che ha la funzione di correggere o eliminare eventuali cellule danneggiate che potrebbero innescare la formazione di un tumore. Non sempre, però, il meccanismo funziona alla perfezione e il cancro fa la sua comparsa nell’organismo umano. In modo molto simile – ma non identico – anche i tumori bloccherebbero l’evoluzione delle loro stesse metastasi. Ecco l’incredibile scoperta appena pubblicata su Nature Cell Biology.

Una scoperta incredibile
E’ quasi incredibile la scoperta che hanno appena fatto alcuni scienziati australiani del Garvan Institute of Medical Research: i tumori possiedono un freno naturale che azionano in casi particolari al fine di bloccare la crescita delle metastasi. Si tratta perlopiù di un meccanismo di autoregolazione – onnipresente in natura – che è stato evidenziato nei topi affetti da cancro alla mammella e nelle cellule coltivate in laboratorio.

Il guardiano p53
La proteina p53 è stata ribattezzata come il guardiano del genoma. Essa, infatti, svolge un ruolo particolarmente importante nella prevenzione delle mutazioni e nella soppressione dei tumori nascenti. Le cellule, molto spesso, vengono danneggiate da patogeni esterni producendo effetti negativi ai meccanismi di regolazione. Ciò significa che possono crescere in maniera incontrollata sviluppando un tumore. Grazie al p53, tuttavia, le cellule possono essere corrette o eliminate se il danno è troppo vasto. In genere l’essere umano ne produce in minima quantità, ma quando viene rilevato un danno al DNA i livelli schizzano vertiginosamente in alto. Il problema principale, nel caso dello sviluppo del cancro, è che in molti casi le cellule tumorali sono in grado di alterare il gene che presiede a p53, rendendolo sostanzialmente innocuo. Disattivando le difese dell’organismo, quindi, il tumore può agire indisturbato.

Congelamento delle metastasi
La ricerca, condotta in collaborazione con il Brigham and Women's Hospital, il Dana-Farber Cancer Institute di Boston, l'Università di Harvard e il Massachusetts Institute of Technology (Mit) ha permesso di identificare un sistema di congelamento delle metastasi. Per mettere in atto il processo viene prodotta una particolare molecola denominata interleuchina-1 beta (IL-1 beta). Tale sostanza ha la peculiarità di scatenare una risposta infiammatoria e permettere la diffusione di cellule immunitarie che si diffondono in tutto l’organismo. Quando tali cellule arrivano alle metastasi le bloccano prima che possano generare un tumore secondario.

Anche negli esseri umani
Seppur tale meccanismo è stato rilevato su modello animale, gli scienziati affermano che esistono prove che tutto ciò si attui allo stesso modo anche negli esseri umani. Alcuni studi hanno infatti evidenziato che le pazienti con tumore al seno ad altissimo rischio metastasi, presentano un tasso di sopravvivenza decisamente più elevato nelle donne che avevano una risposta infiammatoria che produceva grandi quantità di interluchina-1 beta.

Nuovi farmaci anticancro?
La scoperta potrebbe dare il via a interessanti formulazioni anti-cancro. «E' un risultato molto interessante, perché dimostra per la prima volta che fattori pro-infiammatori prodotti dal tumore per facilitare la propria diffusione possono agire anche in senso opposto, come un freno intelligente che ne limita la crescita. Ciò dimostra ancora una volta quanto siano importanti i segnali di crescita o di stop che la cellula metastatica riceve dal microambiente circostante. Lo studio ci dà preziose indicazioni anche per le sperimentazioni in corso di nuovi farmaci anticancro, come gli inibitori del recettore per l'interleuchina-1: alla luce di questi nuovi risultati, è infatti possibile ipotizzare che il loro utilizzo combinato con la chemioterapia si riveli un pericoloso boomerang, perché se da un lato riesce a ridurre il volume del tumore primario, dall'altro rischia di facilitare lo sviluppo di metastasi a distanza», conclude il dottor Giuseppe Curigliano, docente di oncologia medica all'Università di Milano e direttore della Divisione Nuovi Farmaci dell'Istituto Europeo di Oncologia (Ieo).