I Mondiali si giocano anche a tavola: l'Italia fuori dai giochi anche in cucina? I Paesi con un'alimentazione sostenibile
Un'indagine svela quali sono i Paesi al mondo che, anche se forti in campo di calcio, non è detto che lo siano anche in fatto di alimentazione. Ecco la classifica
ROMA – Ci siamo quasi, il Mondiale di calcio sta per finire, con la finalissima che 15 luglio. Chi vincerà? La ‘favorita’? Non è detto, perché spesso proprio la finale riserva delle sorprese. Quale che sia la squadra cui tiferete, se il Mondiale si spostasse dal campo di calcio alla tavola, siamo sicuri che i Paesi più virtuosi e più ‘forti’ sarebbero gli stessi? E l’Italia sarebbe davvero fuori dal podio mondiale? Questa curiosa domanda se l’è posta la Fondazione Barilla Center for Food & Nutrition (BCFN) che ha cercato di porre l’attenzione sulle buone pratiche e le politiche virtuose dei Paesi più sostenibili, ossia a quelli che, grazie alle azioni messe in campo sul fronte dell’agricoltura sostenibile, dello spreco di cibo e delle sfide nutrizionali, contribuiscono già oggi a cambiare il mondo.
I Mondiali della sostenibilità
Per capire chi vincerà i Mondiali della Sostenibilità, è stato utilizzato il Food Sustainability Index (FSI), indice sviluppato dal BCFN in collaborazione con l’Economist Intelligence Unit, che analizza la sostenibilità del sistema alimentare di 34 Paesi (rappresentanti l’87% del PIL globale e 2/3 della popolazione mondiale). La Francia rimane leader indiscusso, non solo sul rettangolo verde, ma anche in sostenibilità alimentare. A premiarla l’ottima performance ottenuta sui tre pilastri alla base del FSI: spreco di cibo, agricoltura sostenibile e sfide nutrizionali. Il Paese d’Oltralpe viene riconosciuto il migliore in campo per aver adottato politiche concrete per la riduzione degli sprechi alimentari, sia a livello industriale che domestico, in un mondo dove circa un terzo di tutta la produzione globale di cibo viene buttata via.
Gli ultimi saranno i primi
Nel mondiale della sostenibilità si impongono però quei Paesi che hanno appena abbandonato i Mondiali di Calcio. E’ il caso del Giappone, uscito sconfitto dal Belgio con un rocambolesco 2 a 3, la Germania e la Spagna, due fra le favorite che prima delle altre hanno dovuto salutare la Russia. Ma guardando l’analisi del FSI troviamo anche la Svezia e poi il Portogallo, l’Italia, la Sud Korea e l’Ungheria. Sono questi i Paesi che hanno dimostrato di avere una politica governativa forte ed efficace su temi come lo spreco di cibo, le pratiche agricole attente alla tutela dell’ambiente, l’innovazione in agricoltura e l’educazione alimentare.
La performance dell’Italia
Ebbene proprio l’Italia, neppure classificata sul campo di calcio, performa molto bene sulle tavole. Il FSI la pone al settimo posto tra i Paesi analizzati. Bene per quanto riguarda la sostenibilità della produzione agricola, che permette al nostro Paese di fare meglio di Colombia e Germania. Un successo giustificato da ottime performance per quanto riguarda la ‘Water scarcity’ e il ‘Water management’, a riprova che a essere apprezzata non è soltanto la disponibilità di acqua di cui godiamo, ma anche la capacità di gestione che ne viene fatta. Per quanto riguarda la lotta alle perdite e sprechi alimentari, l’Italia compie un grande passo avanti rispetto al 2016, arrivando al 4° posto dietro soltanto a Francia (che si fa apprezzare per il forte impegno profuso in questo ambito negli ultimi anni), Germania e Spagna.
Il problema bambini sovrappeso
A premiare l’Italia è l’impegno nella ‘Policy response to food loss’ e nel ‘Food loss’. Molto invece può essere fatto per quanto riguarda le cosiddette ‘Solution to distribution-level loss’, che nella valutazione hanno penalizzato il Paese. Meno bene, infine, le sfide nutrizionali. L’Italia si posiziona al 19° posto e paga soprattutto risultati migliorabili per quanto riguarda la percentuale di bambini sovrappeso nella fascia tra i 5 e i 19 anni di età (ma anche negli adulti) che negli ultimi anni sta riscontrando un significativo aumento. Un dato che va preso in forte considerazione se si abbina al basso numero di persone che raggiungono effettivamente il livello di attività fisica raccomandata a settimana. Insomma, il distacco dalla Dieta Mediterranea, che da molti viene indicata come un fattore che si sta affermando tra le fasce di età più giovani del Paese, rimane uno dei punti su cui i decisori sono chiamati a focalizzare la loro azione.
La marcia in più della Francia
Guardando ai Paesi analizzati dal Food Sustainability Index che si sono qualificati per gli ottavi di finale, scopriamo che la Francia sembra avere, tra tutti, una marcia in più. Questo soprattutto grazie al lavoro svolto nella lotta allo spreco di cibo e nelle sfide nutrizionali. Ogni anno in questo Paese si sprecano circa 106 Kg di cibo a persona (contro i 361 kg dell’Australia o i 250 Kg dell’Arabia Saudita), mentre lungo tutta la filiera alimentare si perde solo l’1,8% di tutto il cibo prodotto. Ma la Francia si difende bene anche per quanto riguarda l’attenzione alle sfide nutrizionali con un’aspettativa di vita sana di oltre 72 anni - in un mondo in cui si vive in salute in media fino ai 67 anni - e per la qualità della vita. La Svezia sembrerebbe poter diventare una vera e propria outsider. Va bene, infatti, per quanto riguarda lo spreco di cibo e l’agricoltura sostenibile.
Le sfide nutrizionali
Servirà però migliorare nelle sfide nutrizionali, soprattutto alla luce del fatto che i suoi abitanti si stanno allontanando da sistemi alimentari sostenibili a favore di cibi più ricchi di grassi e zuccheri: il regime dietetico svedese infatti conta l’assunzione di circa 9,9 grammi di sale al giorno a persona (contro i 5 g consigliati dall’OMS), mentre il 13% dell’intake giornaliero è composto da zuccheri. Posizione intermedia per l’Inghilterra, visto che il Paese è molto forte nella gestione delle risorse idriche, ma dovrebbe ottimizzare l’uso del suolo, visto che a oggi registra punteggi bassi sul fronte dei sussidi agricoli e della diversificazione della produzione. La Colombia - eliminata ai rigori - si posiziona poco sotto l’Inghilterra, perché nel Paese sudamericano - al di là di quanto mostrato in campo - si fa poca attività fisica (solo 20 ore la settimana), anche se l’agricoltura - che appare particolarmente sostenibile - le permette di raggiungere quasi il massimo dei voti in quattro indicatori su sei per la categoria ‘acqua’ (impatto dell’agricoltura sull’acqua, gestione idrica, ri-uso in agricoltura e scarsità d’acqua). E i ‘verdeoro’? seppur molto forti sul fronte calcistico, mostrano di avere ancora parecchie zone d’ombra per quanto riguarda la sostenibilità del sistema agroalimentare. Il Brasile, infatti, dovrà impegnarsi molto per rendere la sua agricoltura sostenibile, puntando su aspetti come la gestione dell’acqua e quella dello sfruttamento del suolo. Ma molto andrà fatto anche per migliorare sul fronte dello spreco alimentare, con risultati ben lontani da essere considerati positivi: in Brasile si butta ancora via il 6,6% di tutto il cibo prodotto.
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