24 aprile 2024
Aggiornato 02:00
Spiritualità e cervello

La spiritualità? Non dipende né dalla religione né dall’esperienza: è scritta nel cervello

La spiritualità innesca precisi cambiamenti a livello cerebrale ed è totalmente indipendente dalla religione a cui si appartiene

La spiritualità è scritta nel cervello
La spiritualità è scritta nel cervello Foto: Karelnoppe | Shutterstock Shutterstock

Ci sono individui altamente spirituali e altri che, al contrario, vivono la propria vita con estrema razionalità, senza cercare nulla al di là di ciò che i loro occhi possono vedere. Queste differenze, tuttavia, si evidenziano anche all’interno della stessa famiglia o in individui che hanno condiviso le stesse esperienze o il tipo di religione. Il motivo per cui ciò accade, ci viene spiegato dai ricercatori della Columbia University che hanno eseguito un insolito studio in collaborazione l’università di Yale.

La parte del cervello spirituale
Gli scienziati, per la prima volta al mondo, sembrano aver trovato l’area cerebrale deputata alla spiritualità. Per farlo, hanno prima generato delle esperienze spirituali rilevanti in un gruppo di persone, eseguendo nel momento delle scansioni al cervello per comprendere cosa stava accadendo. E in quel momento si sono accorti che i volontari che sentivano la connessione con qualcosa di più elevato – che fosse un Dio, la natura o qualcos’altro -  attivavano una sorta di «casa neurobiologica» della spiritualità.

Spiritualità e cervello
«Sebbene gli studi precedenti abbiano collegato specifiche misure del cervello ad aspetti della spiritualità, nessuno ha cercato di esaminare direttamente le esperienze spirituali, in particolare quando si utilizza una definizione più ampia e moderna di spiritualità che può essere indipendente dalla religiosità», spiegano i ricercatori. Questo accade perché il concetto di spiritualità è davvero estremamente ampio, tutto l’opposto della religiosità. Per facilitare le cose, quindi, gli scienziati hanno generato degli script individuali in modo di fare cadere ogni persona sottoposta allo studio al proprio stato trascendente.

Lo studio
Durante lo studio, i ricercatori hanno elaborato una sceneggiatura personalizzata basata su esperienze spirituali precedenti, in base a quanto riferito da una persona all’altra. Durante la visione di tale sceneggiatura, sono stati in grado di fotografare l’attività cerebrale del momento. E i risultati hanno mostrato come questo genere di sensazioni avessero attivato precise aree della corteccia parietale associata all’orientamento spaziale, al linguaggio e all’attenzione. In pratica qualsiasi cosa sia per noi la spiritualità – che si tratti di un Dio o un semplice albero – il meccanismo che si instaura a livello cerebrale è esattamente identico.

Non ha niente a che fare con il rilassamento
«Abbiamo osservato nella condizione spirituale, rispetto alla condizione di rilassamento neutro, un’attività ridotta nel lobulo parietale inferiore sinistro (IPL), un risultato che suggerisce che l'IPL possa contribuire in modo importante all'elaborazione percettiva e alle rappresentazioni auto-indotte durante le esperienze spirituali», continuano i ricercatori.

Abbattere la barriera del sé
Tali cambiamenti ci permettono di comprendere perché durante un’esperienza spirituale si possa abbattere la barriera del sé. E questo avviene nonostante abbiamo costantemente bisogno di una separazione esistente tra noi e tutti gli altri al fine di gestire la realtà. «Le esperienze spirituali sono stati rilevanti che possono avere un profondo impatto sulla vita delle persone», spiega Marc Potenza, professore di psichiatria e neuroscienze. «Comprendere le basi neurali delle esperienze spirituali può aiutarci a capire meglio il loro ruolo nella resilienza e nel recupero dalla salute mentale e dai disturbi da dipendenza». Tutti sappiamo, infatti, che durante l’esperienza spirituale si possono «tamponare gli effetti dello stress». Tuttavia, non dobbiamo dimenticare che per star bene abbiamo bisogno di equilibrio. Essere eccessivamente spirituali può farci del male esattamente come essere troppo razionali. «Non puoi fare entrambe le cose contemporaneamente, ma hai bisogno di entrambe per stare bene e in salute», conclude Tony Jack, direttore del Brain, Mind and Consciousness Lab. Lo studio è stato pubblicato su Cerebral Cortex.