24 aprile 2024
Aggiornato 08:30
Gufi a rischio morte prematura

Fai le ore piccole? Potresti morire prima. Meglio essere allodola che gufo

Un nuovo studio mostra che i nottambuli, o ‘gufi’, hanno un rischio maggiore di morire prima del tempo

I nottambuli rischiano di morire prima
I nottambuli rischiano di morire prima Foto: Maria Savenko | shutterstock.com Shutterstock

REGNO UNITO – I cosiddetti ‘gufi’ o nottambuli, ossia le persone che amano stare alzate fino a tardi, e poi fanno fatica ad alzarsi presto al mattino, hanno un maggiore e significativo rischio di morire prima –  o prematuramente – rispetto alle ‘allodole’, cioè coloro che vanno a letto la sera presto e si alzano altrettanto presto al mattino. Lo conferma un nuovo studio.

Si muore prima
A suggerire che i nottambuli possono morire prima del previsto – o sperato – sono i ricercatori della Northwestern Medicine e dell'Università del Surrey nel Regno Unito, che hanno condotto un largo studio che ha coinvolto circa mezzo milione dei partecipanti al UK Biobank Study. Secondo quanto emerso dalla ricerca, i ‘gufi’ hanno il 10% di maggiore rischio di morire prima rispetto alle ‘allodole’. «I nottambuli che cercano di vivere in un mondo da allodola, possono avere conseguenze negative sulla salute dei loro corpi», ha commentato Kristen Knutson, professore associato di neurologia alla Northwestern University Feinberg School of Medicine.

Il primo studio del genere
Già precedenti studi avevano posto l’accento sui danni alla salute dall’abitudine di fare le ore piccole. Questi, tuttavia, si erano concentrati sui più alti tassi di disfunzione metabolica e malattie cardiovascolari nei nottambuli, ma questo è il primo studio a considerare il rischio di mortalità. I risultati completi sono stati pubblicati oggi sulla rivista scientifica Chronobiology International.

Un problema di salute pubblica
«Questo è un problema di salute pubblica che non può più essere ignorato – ha sottolineato Malcolm von Schantz, professore di cronobiologia all'Università del Surrey – Dovremmo discutere se consentire ai ‘tipi notturni’ di iniziare e finire il lavoro più tardi, laddove possibile. E abbiamo bisogno di più ricerche su come possiamo aiutare i tipi notturni a far fronte allo sforzo maggiore di mantenere il loro orologio biologico in sincronia con il tempo solare».
«Potrebbe essere che le persone che sono in ritardo hanno un orologio biologico interno che non corrisponde al loro ambiente esterno – aggiunge Knutson – Potrebbe essere stress psicologico, mangiare nel momento sbagliato per il loro corpo, non fare abbastanza attività fisica, non dormire abbastanza, essere svegli di notte, fare forse uso di droghe o alcool. Ci sono una varietà di comportamenti non salutari legati all'essere in piedi fino a tardi».

Si può rimediare?
Nel nuovo studio, gli scienziati hanno scoperto che i gufi avevano più alti tassi di diabete, disturbi psicologici, disturbi neurologici e di pressione sanguigna. Ma, secondo la dott.ssa Knutson, si può ancora rimediare. Per esempio, si possono modificare i propri stili di vita, cercando di abituarsi ad andare a letto prima e, di conseguenza, alzarsi prima al mattino – cercando di prendere luce naturale fin dalle prime ore ed evitare per contro l’esposizione alla luce artificiale, specie di sera e di notte. In sostanza, quando possibile, cercare di essere meno gufo e più allodola.

Aiutare i gufi
«Se siamo in grado di riconoscere questi cronotipi che sono, in parte, geneticamente determinati e non hanno solo un difetto di carattere, i lavori e le ore di lavoro potrebbero avere maggiore flessibilità per i gufi – ha proseguito Knutson – Non dovrebbero essere costretti ad alzarsi per un turno alle 8:00, facendo in modo che i turni di lavoro corrispondano ai cronotipi delle persone, alcuni potrebbero essere più adatti ai turni di notte». In una ricerca futura, Knutson e colleghi vogliono testare un intervento con i gufi per far spostare gli orologi del loro corpo per adattarsi a un programma di riposo precoce. «Poi vedremo se otteniamo miglioramenti della pressione sanguigna e della salute generale», ha detto concluso la ricercatrice.