20 agosto 2025
Aggiornato 09:30
Sclerodermia e staminali

La sclerodermia si può curare: arriva il mega trapianto di staminali

Forse c’è una nuova speranza per i malati di sclerodermia grave: un mega trapianto di staminali potrebbe aumentare la durata della vita

Staminali per curare la sclerodermia
Staminali per curare la sclerodermia Foto: Shutterstock

Forse c’è una nuova speranza che si fa via via sempre più reale per tutti i malati di sclerodermia. Si tratta di una malattia di tipo autoimmune spesso associata alla sindrome di Raynaud – un problema che si evidenzia a livello degli arti superiori con la modificazione del colore della pelle che tende a diventare bluastra. Tra i vari segni e sintomi che fanno pensare alla sclerodermia ricordiamo l’inspessimento della pelle delle dita, gonfiore della mano, lesioni ai polpastrelli, cicatrici puntiformi, teleangectasie, anormalità dei capillari e ulcere. Generalmente l’identificazione avviene grazie ad alcuni anticorpi denominato anticentromero (ACA), Anti-Topoisomerasi I (Anti-Scl70) e Anti-RNA Polimerasi. Fino ad ora le cure efficaci erano pressoché inesistenti ma un trapianto di staminali potrebbe risolvere il problema, specie nelle forme diffuse gravi.

Meglio dei farmaci
Al momento l’unica cura disponibile che migliora leggermente la condizione è un farmaco appartenente alla famiglia delle ciclofosfamide, il quale svolge l’attività di un immunosoppressore. C’è però bisogno di cure più efficaci specie per i pazienti che evidenziano forme particolarmente gravi che coinvolgono anche organi interni – come i poloni e i reni, per esempio. Va da sé che una tale condizione se protratta a lungo potrebbe essere fatale. Ma un trapianto di staminali – secondo quanto scoperto da un team composto da 26 università – potrebbe salvare la vita di molte persone.

Distruzione del midollo
I risultati dello studio – finanziato da Anthony Fauci del NIAID – sono stati recentemente riportati sul New England Journal of Medicine. Durante le indagini scientifiche i ricercatori hanno reclutato 36 pazienti affetti da gravi forme di sclerodermia diffusa. Su ognuno di loro è stato effettuata una potente chemioterapia che fosse in grado di distruggere totalmente il midollo osseo. In tale sede, infatti, vengono prodotti gli anticorpi che distruggono il nostro organismo nel caso di malattie autoimmuni.

Ritorno a nuova vita
Dopo tale fase gli scienziati hanno somministrato ai pazienti le loro stesse cellule staminali emopoietiche. Si tratta di cellule pluripotenti non ancora differenziate che danno origine alle cellule sanguigne e a parte del sistema immunitario. Prima dell’infusione però, gli studiosi le hanno pulite eliminando quelle difettose, ovvero quelle che producevano auto-anticorpi. Dopodiché le nuove cellule sane hanno ripopolato il midollo osseo dando vita a nuove generazioni di cellule buone.

Gli effetti collaterali
Purtroppo la medicina al momento non conosce ancora una terapia valida che non produca effetti collaterali abbastanza rilevanti. Anche in questo caso i pazienti hanno avuto un maggior rischio di contrarre infezioni e anemie – in alcuni casi provocati, probabilmente, dalla chemioterapia. Tuttavia, se si pensa ai risultati nel tempo pare evidente che siano maggiori quelli positivi rispetto ai negativi. «Questo studio conferma che il trapianto di cellule staminali deve essere considerato un potenziale trattamento per le persone con sclerodermia grave», ha dichiarato Anthony Fauci del NIAID.

I risultati dopo sei anni
Lo studio, della durata di sei anni, ha valutato lo stato di salute dei pazienti al termine del follow-up confrontandoli con altrettante persone che avevano effettuato solo il trattamento con ciclofosfamide. E pare che i dati ottenuti siano stati estremamente incoraggianti: chi aveva effettuato il trapianto di staminali – più precisamente la mieloablazione con trapianto autologo – ha aumentato notevolmente le percentuali di sopravvivenza. Ma non solo: ha anche ridotto il numero di terapie immunosoppressive. Dati alla mano, possiamo dire che la percentuale di sopravvivenza dopo sei anni era dell’86% con la nuova terapia e del 51% con i farmaci tradizionali. «Questi dati dimostrano che malati con sclerodermia e prognosi negativa possono migliorare e vivere più a lungo, con una buona qualità della vita», conclude Keith Sullivan del Duke University Medical Center di Durham (Nord Carolina).