19 aprile 2024
Aggiornato 20:00
Focus: dislessia

Dislessia: come riconoscerla, cos'è e i test per scoprirla

Come riconoscere la dislessia dai primi sintomi, quando rivolgersi al proprio medico, i test diagnostici e le diverse forme di disturbi dell’apprendimento

Dislessia
Dislessia Foto: Shutterstock

Negli ultimi anni è molto frequente sentir parlare di dislessia in ambito scolastico. Eppure, non si tratta affatto di una nuova patologia o condizione, tanto meno i bambini di oggi non sono diversi da quelli di ieri. Nondimeno, esistono diversi metodi diagnostici – più o meno accurati – che permettono al bambino/ragazzo di accedere agli studi in maniera differente e facilitata. Ecco come riconoscerla ai primi sintomi e intervenire a seconda del grado di gravità.

Un disturbo della lettura
Fondamentalmente la dislessia è un disturbo della lettura. È un problema che si diagnostica in genere fin da piccoli, specie all’inizio della scuola. La patologia è caratterizzata da problemi di lettura, difficoltà di pronuncia di alcune parole durante la lettura a voce alta e di comprensione di ciò che si sta leggendo. Ma anche memorizzazioni di specifici termini, definizione e comprensione dei numeri. La dislessia può perdurare anche in età adulta, seppur in maniera più lieve. Tuttavia, va sottolineato che non può insorgere in tale età a meno che non vi siano lesioni cerebrali o demenza.

  • Leggi anche: La dislessia non dipende da problemi alla vista
    Gli scienziati affermano che non vi sono differenze nella visione tra i dislessici e gli altri che non soffrono di questa condizione. Lo studio che dimostra come i dislessici spesso ci vedano bene anzichenò.

Diversi gradi di dislessia
Esistono in realtà diversi gradi di dislessia distinguibili in tre semplici gruppi: lieve, medio o severo. Qualsiasi sia il livello di severità della patologia, i soggetti presentano comunque un’intelligenza normalissima. La differenza sostanziale tra un bambino non affetto da tale patologia e un dislessico è che il secondo fa molta fatica a concettualizzare attraverso l’uso delle parole. In realtà, affinché possa avere un ottimo apprendimento ha bisogno di sperimentare, osservare e avere a disposizione un esempio concentro. Va da sé che il cervello umano è comunque maggiormente portato a un apprendimento di tale tipo, ma in condizioni normali non ha difficoltà con la verbalizzazione. Il dislessico, invece, ha un assoluto bisogno di avere a disposizione elementi pratici (grafici, disegni, sperimentazioni).

E diversi modi di considerarla
Non esistono solo vari gradi di dislessia, ma allo stato attuale c’è molta confusione in merito alla sua diagnosi, proprio perché vi è anche difficoltà nella sua definizione. Per esempio la British Dyslexia Association parla di «una difficoltà di apprendimento che colpisce principalmente le competenze coinvolte nella lettura accurata e fluente e nell’ortografia». I sintomi principali sarebbero la «difficoltà di consapevolezza fonologica, memoria verbale e velocità di elaborazione verbale». Negli Stati Uniti, invece, la definizione del National Institute of Neurological Disorders and Stroke è la «difficoltà con l’ortografia, l’elaborazione fonologica o la rapida risposta visivo-verbale». Mentre il National Institutes of Health ritiene che la dislessia sia un vero e proprio disturbo dell’apprendimento. Ma questo non è l’unico istituto a pensarla in tal modo. Il manuale statunitense per la diagnosi psichiatrica, chiamato DSM V ritiene che la dislessia sia un disturbo specifici dell’apprendimento e dichiara «le molte definizioni di dislessia e discalculia rendono la definizione di questi termini non utile come nomi di un preciso disturbo o nei criteri diagnostici».

Una visione già conosciuta nell’800
La teoria del disturbo dell’apprendimento era nota già nell’1886 quando il medico britannico W. Pringle Morgan descrisse, in documento riportato sul British Medical Journal, la dislessia come un problema di apprendimento attraverso la lettura. Tuttavia, in tale trattato non parlò delle sue teorie relative alle cause scatenanti.

Uno schema ragionato
Il bambino dislessico, in ambito scolastico, ha bisogno di uno schema ragionato che riporti una ‘mappa concettuale’ di tutto ciò che si sta imparando. In questo modo ha la possibilità di apprendere le materie alla pari dei suoi coetanei. Inizialmente ha necessità di un insegnante che gli mostri come realizzare uno schema che con il tempo dovrà costruire in totale autonomia.

Un linguaggio povero
Una prima avvisaglia della dislessia potrebbe essere caratterizzata da un leggero ritardo nel linguaggio. I bambini che iniziano a parlare verso i due anni potrebbero essere affetti da tale patologia. Ma è bene dire che anche un linguaggio molto povero protratto nel tempo – a livello di quantità di termini utilizzati - potrebbe essere un segnale di allarme. Infine, può essere indice di dislessia una costruzione errata della frase. Nell’ambiente scolastico potrebbe far molta difficoltà a memorizzare l’alfabeto, a comprendere i concetti espressi dall’insegnante o a utilizzare termini specifici. Altro sintomo potrebbe essere la difficoltà nel riconoscimento della destra e della sinistra, nell’invertire parole o sillabe, benché questi ultimi non possono essere considerati sintomi esclusivamente rilevabili nel soggetto dislessico. Invece, scrivere le parole al contrario in età infantile non è sintomo di dislessia, ma è un problema che si presenta con molta frequenza anche nei soggetti con apprendimento normale.

Problemi con il riconoscimento delle lettere
Come detto, esistono diverse forme di severità della patologia. Per esempio il bambino/ragazzo potrebbe non riconoscere perfettamente – durante la lettura – alcuni tipi di lettere e confonderle tra loro. Potrebbe esserci difficoltà nel riconoscimento delle lettere simili tra loro come la «b» e la «p» o la «d» e la «q», ma anche la «n» e la «u», specie se scritte in stampatello minuscolo. Si possono anche confondere la «m» con la «n»e la «f» con la «t»

Omissione di sillabe e lettere
Durante la lettura, il dislessico può dimenticare alcune lettere. Per esempio leggere puma anziché piuma oppure moto anziché molto. Vi sono anche casi in cui viene letta solo una piccola parte della parola, mentre la seconda viene praticamente inventata. Allo stesso modo possono essere invertite alcune sillabe: «ni», al posto che «in», «li», anziché «il». Il soggetto oltre a saltare le sillabe potrebbe anche saltare parole o intere righe durante la lettura. E’ chiaro che con tali problemi di lettura c’è un’altissima probabilità che la persona dislessica non riesca a scrivere in maniera corretta, soprattutto durante la copiatura di testi.

Un nuovo modo di apprendere?
L’argomento dislessia è molto dibattuto. Se il dislessico è una persona normalissima a livello cerebrale, nulla indica che vi siano reali problemi di apprendimento. In pratica, la persona dislessica ha solo un metodo di apprendimento totalmente differente da chi non lo è. Ma nessuno in realtà potrebbe davvero dire se sia più giusto il primo o il secondo. Nonostante ciò, va sottolineato che la patologia colpisce solo una minima parte della popolazione, che si attesta intorno al 5-7%, e si verifica in tutto il mondo.

Un’associazione con l’ADHD
Negli anni è stata registrata un’associazione dal disturbo del deficit dell’attenzione (ADHD) e dislessia. Secondo alcune fonti, infatti, il 15% delle persone affette da dislessia soffre anche di ADHD, mentre il 35% dei soggetti affetti da deficit dell’attenzione hanno anche la dislessia.

Discalculia, disortografia e disgrafia
VI sono alcune forme specifiche di DSA denominate discalculia, disortografia, disprassia e disgrafia che, non possono essere considerate vere e proprie dislessie. La prima è caratterizzata da difficoltà nei calcoli aritmetici e nel riconoscimento dei numeri. Non va confusa con difficoltà scolastiche in ambito matematico, ma si tratta di un vero e proprio disturbo dell’apprendimento DSA. La disgrafia, invece, è un problema associato alla coordinazione degli occhi e della mano e oltre all’ambito scolastico può presentare problemi anche durante lo svolgimento di compiti molto semplici come fare un nodo alle scarpe. Infine la disprassia, in maniera molto simile, è caratterizzata da una difficoltà a espletare tutti i compiti che coinvolgono l’equilibrio, il coordinamento, l’utilizzo di fonemi, sensibilità tattile ridotta, problemi a mettere in ordine i diversi episodi di un racconto e problemi di memoria. Può essere causata da un problema genetico o da un trauma cerebrale.

I testi diagnostici

I test diagnostici sono di diverso tipo, anche se non sempre vengono definiti di totale affidabilità. Per prima cosa si escludono problemi sensoriali, cognitivi, psicologici e neurologici. Dopo di che si valuta il QI per verificare che esso sia nella norma. Se tutto ciò viene rilevato nella norma, si eseguono dei test appositi che comprendono: il livello di scrittura durante un dettato, la capacità di calcolo mentale, scritto e della lettura di numeri, discriminazione di sillabe, individuazione di termini, velocità di lettura, scrittura e relativo apprendimento. Esiste anche la possibilità di effettuare dei test online, non di totale affidabilità, ma che possono fornire un incipit per un’eventuale visita di approfondimento.