Cuore, lo danneggiano anche bassa istruzione, stress e povertà
Durante la V Conferenza di Prevenzione Cardiovascolare tenutasi all’ISS è stato presentato uno studio in cui emerge che a danneggiare il cuore spesso è anche la bassa istruzione, lo stress e la povertà
ROMA – Cuore a rischio anche a causa di impensati fattori come per esempio l’inferiore livello di scolarità (o bassa istruzione), il disagio sociale, lo stress e le scarse condizioni economiche. Questo quanto emerso durante la V Conferenza di Prevenzione Cardiovascolare tenutasi all’ISS di Roma.
A mettere sull’avviso sono i dati dell’Osservatorio Epidemiologico Cardiovascolare ISS e ANMCO-HCF. Il Report rivela che anche in Italia queste differenze socio-economiche si ripercuotono sulla salute: gli ipertesi, i dislipidemici, gli obesi, i diabetici sono maggiormente concentrati nelle persone che presentano livello di scolarità più basso. Così come per certi stili di vita, quali l’inattività fisica e l’abitudine al fumo. Una tendenza iniziata 10 anni fa e che oggi purtroppo si conferma in aumento. «Questi dati – commenta nella nota ISS il presidente Walter Ricciardi – ci confermano la necessità di costruire un’azione tempestiva in termini di prevenzione primaria a partire dall’educazione a corretti stili di vita sin dalla scuola primaria. Se questa tendenza si stabilizza o si conferma è infatti a rischio la sostenibilità del Servizio Sanitario Nazionale».
Gli altri fattori che mettono a rischio il cuore
L’ipertensione arteriosa è e rimane ancora un grande e preoccupante fattore di rischio per il cuore e la salute cardiovascolare in genere. Colpisce più del 50% degli uomini e quasi il 40% delle donne, con una certa differenza nei due livelli socio-economici, più elevata nelle donne (+8%), meno negli uomini (+4%) – prosegue la nota dell’ISS. Strettamente legato ai valori pressori il consumo di sale nella alimentazione che risulta più elevato tra i poveri: circa il 6% in più in coloro che hanno livello di scolarità elementare rispetto al livello universitario e più elevato al Sud rispetto al Nord.
Il fattore colesterolo
Nel rapporto è mostra anche come l’ipercolesterolemia oggi coinvolga circa il 30% della popolazione adulta (35-74 anni), e come siano ancora una volta di più le persone che si trovano nel livello socio-economico più disagiato (38% degli uomini e 39% delle donne rispetto a coloro che hanno scolarità più elevata che si attestano rispettivamente al 35 e al 36%). Inoltre nelle donne con scolarità più bassa solo il 18% di quelle con dislipidemia è ben controllata con la terapia rispetto al 27% di coloro che hanno una scolarità più elevata.
Il fattore diabete
Come per il colesterolo, il diabete pare prediligere i meno istruiti: la malattia metabolica è infatti più frequente negli uomini con scolarità più bassa (14% contro il 10% in coloro che hanno raggiunto un livello di scolarità superiore). Nelle donne il fenomeno è ancora più evidente: 10% nelle donne con bassa scolarità e 5% (per cui la metà), in quelle con livello di istruzione più elevato. Oltre a ciò il 27% degli uomini con scolarità più bassa è obeso, mentre lo è il 22% in quelli con scolarità più elevata; nelle donne il 32% di coloro che sono a scolarità più bassa è in condizione di obesità mentre coloro che hanno un livello di scolarità elevata sono al 18%.
La corretta strategia di prevenzione
«Come Fondazione Banca del Cuore – ha sottolineato Michele Gulizia, Presidente Fondazione per il tuo cuore – riteniamo fondamentale l’organizzazione di azioni specifiche per una corretta strategia di prevenzione delle malattie cardiovascolari per la cittadinanza e ciò si esplica anche con una efficace comunicazione capillare. In particolare, quest’anno abbiamo privilegiato la sensibilizzazione dell’opinione pubblica con l’operazione ‘Truck Tour Banca del Cuore’, portando le nostre Cardiologie e i laboratori analisi direttamente a casa dei cittadini grazie a un jumbo truck attrezzato che abbiamo posizionato nelle piazze di 36 città d’Italia, svolgendo migliaia di screening cardiologici gratuiti».
Come i fattori socio-economici influenzano la salute cardiovascolare
Analizzando i dati di diversi Paesi – si legge nella nota ISS – è stato dimostrato che i fattori socio economici e psicosociali influenzano il rischio di malattia cardiovascolare in modo indipendente e oltre a determinare un aumento del rischio di primo evento e peggiorare la prognosi, possono ostacolare l’aderenza alla terapia e vanificare gli sforzi per migliorare lo stile di vita e promuovere la salute e il benessere della popolazione e dei pazienti. Fra questi fattori si possono elencare il livello socio-economico, l’isolamento sociale e la mancanza di supporto sociale, lo stress lavorativo e familiare, la depressione e l’ostilità.
«E’ dimostrato anche che questi fattori non si presentano singolarmente – fa notare Simona Giampaoli direttore del Dipartimento malattie cardiovascolari dismetaboliche e dell’invecchiamento dell’ISS – ma tendono a riunirsi: abitudine al fumo, alimentazione inappropriata, inattività fisica si accompagnano spesso a depressione, povertà e basso livello di scolarità. La Conferenza di oggi è l’occasione per fare il punto sui dati relativi alle differenze di salute nei Paesi e valutare le differenze che si sono verificate nel tempo, individuare le caratteristiche che spiegano almeno in parte tali differenze, mostrare come gli esiti peggiori tendano a essere maggiormente presenti fra le persone più svantaggiate, in modo da trovare modalità più appropriate per cambiare questo stato di cose». E’ frutto dell’attività del Dipartimento dell’ISS diretto dalla dott.ssa Giampaoli anche la nuova piattaforma CuoreData (presentata oggi durante l’incontro) il sistema di interrogazione dati del Progetto Cuore, dedicata agli operatori, che mette a disposizione le statistiche relative allo stato di salute della popolazione italiana adulta e che permette di effettuare interrogazioni personalizzate per periodo, territorio, sesso, fasce di età e titolo di studio.
Le differenze non solo tra Paesi ricchi e quelli poveri
Nella relazione appare evidente come vi siano ancora grandi differenze di esiti di salute non solo fra Paesi ricchi e poveri. All’interno di ciascun Paese, maggiori sono le disuguaglianze interne e maggiori le differenze di salute fra i cittadini più in alto nella scala sociale e coloro che sono più in basso. Quando i fattori di rischio raggiungono una distribuzione così elevata l’azione sui singoli individui non è più sufficiente e deve essere accompagnata da azioni di comunità incisive che riguardino tutta la popolazione dalle età più giovani fino all’età avanzata. Sono sempre le misure preventive, accompagnate da trattamenti farmacologici quando necessari a livello individuale, in grado di contrastare i fattori di rischio e di promuovere comportamenti e stili di vita sani. Alimentazione varia e bilanciata (con pochi grassi saturi, colesterolo, sale e zuccheri, molta verdura e frutta, legumi, cereali e pesce), attività fisica (almeno 150 minuti a settimana), abolizione dell’abitudine al fumo e limitato consumo di alcol i quattro stili su cui incidere. Il Ministero della Salute nell’ambito del Programma Guadagnare Salute già da anni sta portando avanti queste politiche comunitarie attraverso accordi con industria alimentare per la riduzione del consumo di sale, per il miglioramento della alimentazione nella ristorazione, per l’aumento dell’attività fisica. I risultati degli studi epidemiologici longitudinali hanno dimostrato che mantenere i fattori di rischio nel corso della vita a livello favorevole (low risk profile - profilo di rischio favorevole) preserva dalle malattie cronico-degenerative, fa guadagnare anni di vita, migliora la qualità di vita e riduce la spesa sanitaria negli ultimi anni di vita. Il numero degli eventi che si verificano potrebbero essere molto ridotti, potrebbero presentarsi in forma meno grave ed essere posticipati in età più avanzata.
L’incidenza dell’attività fisica
Le recenti evidenze scientifiche mostrano una stretta relazione tra l’incidenza di fibrillazione atriale e il livello di attività fisica – prosegue la nota ISS – L’attuale tecnologia associata ai dispositivi cardiaci impiantabili permette di ottenere dati giornalieri affidabili in termini di episodi di fibrillazione atriale e di ore dedicate all’attività fisica anche a lungo termine (anni). Analizzando i dati giornalieri raccolti da dispositivi cardiaci impiantabili per tre anni e mezzo in più di mille pazienti, è stato dimostrato che maggiore è il numero di ore di attività fisica moderata, minore è l’incidenza della fibrillazione atriale. Inoltre l’incidenza della fibrillazione atriale e le ore di attività fisica hanno un marcato andamento periodico nel corso dell’anno: in inverno l’attività fisica diminuisce (-4.7%) e gli episodi di fibrillazione atriale aumentano (+14.4%), viceversa in estate l’attività fisica aumenta e il numero di episodi di fibrillazione atriale diminuisce. Dall’analisi dei dati non è possibile stabilire la relazione di causa/effetto di questo fenomeno; tuttavia la significativa correlazione inversa tra i due dati suggerisce che l’attività fisica può essere considerata un indicatore importante nella valutazione del rischio di sviluppare fibrillazione atriale.
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