Resistenza agli antibiotici, 2.000 caso l’anno. Come difendersi
Nelle strutture sanitarie che un killer che agisce indisturbato e causa oltre 2.000 infezioni l’anno: è il Klebsiella pneumoniae, uno dei batteri divenuti resistenti agli antibiotici
ROMA – Le infezioni resistenti agli antibiotici sono una realtà che sempre più allarma. In particolare, a destare preoccupazione, sono quelle che avvengono nelle strutture sanitarie – con gli ospedali al primo posto. Secondo i dati del Ministero della Salute, in Italia ogni anno si registrano oltre 2.000 casi di resistenza.
Il batterio killer
Il principale responsabile delle infezioni nelle strutture sanitarie è il noto batterio della Klebsiella pneumoniae. Questo il dato di fatto presentato al convegno ‘L’antibioticoresistenza in Italia: problemi attuali e impegno per il futuro’, tenutosi presso l’auditorium ‘Biagio d’Alba’ del Ministero della Salute. I numeri presentati fanno parte del primo Report sulle batteriemie da enterobatteri resistenti ai carbapenemi coordinato dall’Istituto Superiore di Sanità. I risultati fanno parte del sistema di sorveglianza istituito dal Ministero della Salute stesso.
L’antibioticoresistenza in Italia
Il report mostra che in Italia avvengono circa 2.000 casi di batteriemie l’anno. A esserne più colpiti, si legge nella nota del MdS, sono le persone di età compresa tra i 65 e gli 80 anni, ricoverati in unità di terapia intensiva, ma anche in reparti medici e chirurgici. I dati rivelano dunque che le infezioni e la resistenza agli antibiotici sono molto diffuse.
Numeri vicini alla realtà
«Grazie a questo sistema di sorveglianza – ha spiegato Walter Ricciardi, presidente dell’Istituto Superiore di Sanità – abbiamo una dimensione molto più vicina alla realtà relativamente al fenomeno della diffusione di questo patogeno nelle corsie ospedaliere. Disponiamo oggi di un’evidenza che ci impone di farne una priorità di salute pubblica e di mettere in campo tutte le risorse disponibili, economiche e non, in tutti gli ospedali per contrastare questo fenomeno: dall’osservazione puntuale del lavaggio delle mani fino all’istituzione di personale sanitario dedicato al controllo delle infezioni e di figure professionali per guidare un appropriato utilizzo di queste molecole. Essenziale resta il contributo delle Regioni – prosegue Ricciardi – nella segnalazione puntuale del fenomeno per avere un quadro sempre più preciso che ci consenta di fare interventi mirati e comprenderne l’efficacia».
Quando gli antibiotici mancano
Le infezioni divengono preoccupanti e gravi proprio quando mancano i farmaci per curarle. Questo avviene soprattutto per alcuni tipi di batteri, come gli Enterobatteri resistenti ai carbapenemi – che sono gli antibiotici di ultima risorsa, contro i quali gli antibiotici efficaci sono limitatissimi o mancano del tutto, prosegue la nota del Ministero. In questi casi, un’arma di difesa primaria è l’igiene delle mani, per limitare i contagi. Ma è chiaro che questo non è sufficiente. Tra le infezioni da batteri resistenti, le batteriemie sono di certo quelle più gravi e le più letali.
Le temibili batteriemie
Le gravi batteriemie, nella gran parte dei casi zono causate dal Klebsiella pneumoniae. Questo genere di infezioni resistenti sono ormai divenute un fenomeno drammatico, la cui ampiezza si allarga di giorno in giorno. Tenuto anche conto che i casi di batteriemia sono probabilmente sottostimati, a causa della mancata notificazione da parte di alcune regioni e aree geografiche. La mortalità associata questo batterio è di almeno il 30%. Il Klebsiella pneumoniae, è un batterio che genera un enzima chiamato KPC, ed è causa di infezioni urinarie e polmoniti, oltre alle batteriemie. «La resistenza agli antibiotici carbapenemi – sottolinea la nota del Ministero – è spesso associata a resistenza ad altre classi di antibiotici, compresa la colistina, un vecchio antibiotico rispolverato come rimedio estremo contro questi batteri resistenti a quasi tutti gli antibiotici. Per questo l’OMS ha classificato questi batteri tra quelli critici ad altissima priorità per lo sviluppo di nuovi antibiotici».
Italia iperendemica
Dopo la Grecia, che detiene il primato per l’incidenza delle infezioni resistenti rispetto alle giornate di degenza, l’Italia si piazza al secondo posto. Secondo gli esperti, il nostro è un Paese che può essere considerato ‘iperendemico’, secondo i dati dello studio EuSCAPE, pubblicato su Lancet Infectious Diseases. Lo studio, al quale l’Italia ha partecipato col coordinamento dell’ISS, traccia l’epidemiologia pan-europea di queste infezioni, rivelando che in Europa non siamo di certo tra i più virtuosi in fatto di infezioni e batteriemie. Per difendersi da queste infezioni è bene mantenere una scrupolosa igiene dopo essere stati in una struttura sanitaria o ospedale. Se si è venuti in contatto con persone malate, con oggetti o supellettili o altro è bene lavarsi accuratamente le mani. Altra difesa è mantenere attivo e sano il sistema immunitario ed evitare nel tempo l'abuso di antibiotici che possono predisporre a una resistenza.
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