Alzheimer: si combatte con luci da discoteca (o quasi)
Luci stroboscopiche sembrano eliminare le placche beta amiloidi in una sola ora. I risultati dello studio pubblicato su Nature dagli scienziati del Mit.
MASSACHUSSETS - La malattia ruba ricordi sembra avere un temibile nemico: le luci stroboscopiche. I ricercatori del Massachusetts Institute of Technology (Mit) hanno provato a contrastare i sintomi dell’Alzheimer su modello animale utilizzando dei semplici fasci di luce, e i risultati sembrano essere promettenti. Lo studio pubblicato su Nature.
Luci da discoteca?
La terapia non prevede che le persone anziane si mettano a ballare al ritmo da discoteca. Ma quello che è certo è che utilizzando luci molto simili a quelle che si trovano in queste sale possa avere un impatto positivo sui pazienti affetti da Alzheimer.
La terapia
La terapia prevede l’utilizzo di flash di luci stroboscopiche – quelle che si vedono normalmente nelle sale da ballo – a livello oculare. Queste pare stimolino le cellule immunitarie a fagocitare le classiche placche beta-amiloidi. Placche che – tutti sappiamo – sono implicate direttamente nella demenza tipica dell’Alzheimer.
Più veloci della luce
I flash che vengono adoperati sono decisamente più veloci delle luci stroboscopiche classiche: 40 volte al secondo. Una velocità simile è a malapena percepibile dall’occhio umano, tant’è vero che potrebbe apparire come una sorta di tremolio. La terapia è stata eseguita sia a livello oculare che sull’ippocampo, la zona cerebrale deputata al controllo della memoria.
Lo studio
Sarebbe ora che in alcuni casi la scienza mettesse da parte l’utilizzo di farmaci – molto spesso deleteri per la salute – a favore di terapie decisamente più ‘tecnologiche’. È questo il caso delio studio coordinato dal professor Li-Huei Tsai. Durante lo studio, alcuni topi affetti da Alzheimer sono stati sottoposti a 40 lampi di luce al secondo per la durata di un’ora. Circa 12 ore dopo il trattamento si è assistito a una notevole riduzione della presenza di placche beta amiloidi. Va da sé che continuando la cura per alcuni giorni si sono ottenuti risultati incredibili, di gran lunga superiori alle terapie finora conosciute.
Come è possibile che basti una semplice luce?
Secondo gli scienziati, la stimolazione eseguita attraverso la luce incentiva le microglia – piccole cellule immunitarie – a mangiare i vari agenti patogeni. Tra questi ci sono anche le proteine beta-amiloidi. Il tutto dovrà poi essere confermato anche su gli esseri umani – i ricercatori hanno infatti chiesto l’autorizzazione alla Food and Drug Administration (FDA). Se il lavoro dovesse essere confermato finalmente si avrebbe a disposizione una cura davvero innovativa ed esente da effetti collaterali. Si spera che la ricerca medico-scientifica faccia finalmente un salto di qualità in termine di cure, riducendo al minimo gli effetti dannosi di certe cure tradizionali.