Più a lungo si lavora, più a lungo si vive
Lavorare fino a tarda età pare sia meglio per la longevità che non andare in pensione prima. Secondo uno studio, andare in pensione dopo i 65 anni fa più bene alla salute e fa vivere più a lungo. Sarà così?
CORVALLIS – Qualche giorno fa uno studio riportava l’assunto che dopo i 40 anni bisognerebbe lavorare soltanto tre giorni a settimana. Questo perché con l’avanzare dell’età si riducono le capacità di lavoro e si offrono peggiori performance. Ora, un altro studio suggerisce che invece bisogna restare al lavoro oltre i 65 anni, se si vuole godere di una migliore salute e vivere più a lungo. Che i ricercatori abbiano letto nella mente dei nostri parlamentari, che vorrebbero farci lavorare fino a 100 anni?
Più tardi in pensione, più tardi la morte
È brutto dover pensare all’età pensionabile come a un preludio di una prossima dipartita. Ma purtroppo è la realtà: con il passare degli anni, volenti o nolenti, si avvicina sempre più il momento dell’appuntamento con il ’’tristo mietitore’’. E se questo si potesse invece rimandare il più possibile? Secondo i ricercatori della Oregon State University (OSU), si può fare continuando a lavorare oltre i 65 anni. In base a quanto emerso dal loro studio, infatti, chi è andato in pensione dopo i 65 anni aveva un rischio di morte per tutte le cause ridotto dell’11%. Questo tenendo conto anche degli aspetti demografici, dello stile di vita e della salute.
Anche per chi non è sano
Se i risultati dello studio, pubblicato sul Journal of Epidemiology and Community Health, indicano che gli adulti sani che vanno in pensione dopo i 65 anni vivono più a lungo, anche coloro che non sono del tutto sani pare si avvantaggino dal lavorare più a lungo. Il che suggerisce che ci sono fattori che vanno al di là della salute nell’influenza sulla mortalità post-pensionamento. «Questo potrebbe non essere applicabile a tutti – spiega il dott. Chenkai Wu, principale autore dello studio – ma riteniamo che il lavoro porta alle persone molti vantaggi economici e sociali che potrebbero influire la lunghezza della loro vita».
Lo studio
Il dottor Wu e colleghi hanno esaminato i dati raccolti dall’Healthy Retirement Study tra il 1992 e il 2010. I partecipanti coinvolti erano oltre 12mila, ma i ricercatori hanno ristretto l’attenzione su 2.956 persone che hanno preso parte allo studio nel 1992 ed erano andati in pensione entro il 2010. Con questi dati alla mano, i ricercatori hanno poi diviso i pensionati in salute da quelli non in salute e quelli che sono andati in pensione proprio per motivi di salute e coloro che invece lo sono andati solo per raggiunta età pensionabile. Circa due terzi del gruppo è stato inserito nella categoria ‘sani’, mentre un terzo nella categoria ‘malsani’.
Basta un anno in più
Secondo quanto emerso dallo studio, per avvantaggiarsene basta andare in pensione un anno dopo i 65. Difatti, i dati raccolti evidenziavano un rischio ridotto dell’11% di morte per tutte le cause in coloro che, sani, sono andati in pensione un anno dopo, mentre per coloro che non erano sani, il rischio si è ridotto del 9%. «Il gruppo dei sani è generalmente più avvantaggiato in termini di istruzione, ricchezza, comportamenti salutari e di stile di vita, ma prendendo tutti questi problemi in considerazione, il modello è ancora rimasto tale – conclude l’autore senior dott. Robert Stawski – I risultati sembrano indicare che le persone che rimangono attive e impegnate ne ottengono un beneficio». Come a dire che se vogliamo vivere di più scordiamoci di andare in pensione presto o a un’età ’’decente’’.