Virus Zika, l'Onu «Garantire il diritto di abortire». Ma la giornalista affetta da microcefalia non è d'accordo
Microcefalia e Zika, dietro all’ondata di richieste di concessione di aborti c’è la disinformazione. «Ai bambini non è data la possibilità di vivere e invece dovrebbe perché la malattia non è detto faccia danni», dichiara Ana Carolina Caceres, 24 anni, nata con microcefalia e oggi giornalista
BRASILE ─ L'alto commissario delle Nazioni Unite per i Diritti umani, Zeid Raad Al Hussein, ha chiesto ai Paesi colpiti dal virus Zika di «garantire alle donne il diritto all'interruzione di gravidanza», e fornire anche consulenza su salute sessuale e riproduttiva. La dichiarazione segue quelle del ministro della Salute brasiliano che, in riferimento all’epidemia di Zika ha dichiarato che, a causa del rischio microcefalia, il Brasile potrà ritrovarsi una «generazione rovinata». Ma la giornalista Ana Carolina Caceres, 24 anni e nata con microcefalia ha risposto che se potesse parlare con lui, gli direbbe: «Ciò che è rovinata è la tua dichiarazione, signore». Secondo la giornalista il massiccio ricorso alle richieste di concedere l’aborto per il rischio microcefalia non è giustificato, così come l’allarme. Ai bambini non è data la possibilità di vivere e invece dovrebbe perché la malattia non è detto faccia danni, spiega, come è accaduto a lei e a molti altri.
Il medico si è sbagliato…
La giornalista Ana Carolina Caceres, ha voluto raccontare la sua storia alla BBC, perché sconcertata dal gran clamore che sta suscitando il virus Zika e il rischio microcefalia. «Il giorno in cui sono nata ─ ha detto al reporter Ricardo Senra ─ il medico ha detto che non avrei avuto alcuna possibilità di sopravvivenza. «Lei non camminerà, lei non potrà parlare e, nel tempo, entrerà in uno stato vegetativo fino alla morte», aveva dichiarato il medico. Ma lui ─ come molti altri ─ si era sbagliato», sottolinea Ana.
Come tutti gli altri, nonostante la microcefalia
«Sono cresciuta, andata a scuola e all’università ─ racconta Ana ─ Oggi sono una giornalista e scrivo in un blog. Ho scelto il giornalismo per dare voce a chi, come me, non si sente rappresentato. Volevo essere una portavoce per la microcefalia e, come progetto finale, ho scritto un libro sulla mia vita e la vita degli altri con questa sindrome. Posso dire che oggi sono una donna soddisfatta e felice», conclude Ana.
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Basta allarmismi e pregiudizi
A seguito del picco di casi di microcefalia in Brasile, secondo Ana la necessità di informazioni è più importante che mai. La gente ha bisogno di mettere da parte i pregiudizi e di conoscere questa sindrome. La giornalista spiega che la microcefalia è come «una scatola a sorpresa. Si può soffrire di gravi problemi o no. Quindi credo che coloro che abortiscono non stanno dando ai loro bambini la possibilità di vincere. Sono sopravvissuta, come molti altri con la microcefalia. Le nostre madri non hanno abortito. È per questo che noi esistiamo». Certo, ricorda la giornalista, la microcefalia può avere conseguenze più gravi di quelle che ha vissuto ed è consapevole del fatto che non tutti quelli con microcefalia avranno magari la fortuna di avere una vita come la sua. «Ma quello che io consiglierei alle madri o alle donne in gravidanza è di mantenere la calma. La microcefalia è un brutto nome, ma non è un mostro cattivo». Il suo ultimo consiglio è quello di eseguire i test prenatali il più presto possibile e chiedere il parere di un neurologo, preferibilmente prima che il bambino nasca.
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