29 marzo 2024
Aggiornato 06:30
Ecco perché proviamo paura, ansia

Scoperti nel cervello i meccanismi che ci fanno avere paura o sicurezza

Ricercatori Usa trovano quali sono i meccanismi chiave dietro a i sentimenti di paura o sicurezza. Un passo avanti nel trattamento dei disturbi di ansia, attacchi di panino e stress post-traumatico

NEW YORK ─ I ricercatori della Columbia University hanno condotto uno studio in cui si è scoperto come il cervello riesce a distinguere tra una situazione, o ambiente, che in precedenza ha imparato essere pericoloso o al contrario sicuro.

Cancellare i ricordi sgradevoli
L’aver individuato il circuito cellulare che favorisce il ricordo di esperienze legate per esempio a un ambiente sicuro o pericoloso, potrebbe ritornare utile nel trattamento dei problemi legati ai disturbi da stress post-traumatico, i problemi d’ansia e gli attacchi di panico. L’idea potrebbe essere quella di agire su questo circuito cancellando la memoria legata a un determinato evento o ambiente di cui il cervello ha già fatto esperienza.

Tutto dipende dai neuroni
Lo studio, pubblicato su Science, è stato condotto su modello animale. Si è partiti dal presupposto che circa l’80 per cento dei neuroni nel cervello che trasportano le informazioni sono eccitatori e il 20 per cento è inibitorio, cioè agiscono a livello locale per rallentare o arrestare l’attività di eccitazione. Da qui si è poi trovato che i neuroni di una terza via agiscono su una distanza relativamente lunga, e sono anche di tipo inibitorio. Questi neuroni, chiamati Lrips, sono stati oggetto di studio per comprendere il ruolo che possono svolgere nell’apprendimento e nella memoria.

Sui topi funziona
I ricercatori hanno temporaneamente silenziato i Lrips nel cervello dei topi, che poi sono stati sistemati in una stanza. Qui i modelli sono stati sottoposti a una breve, ma fastidiosa scarica elettrica, dopo di che sono stati riportato al loro posto. Il giorno dopo sono stati riportati nella stanza della scossa e qui i topi, ricordando quanto era accaduto in precedenza, hanno riportato alla mente lo shock subìto e hanno mostrato di avere paura. L’esperimento ha confermato che per la formazione di questo genere di ricordi non sono necessari i Lrips.
Però, quando i topi sono stati collocati in un’altra stanza del tutto diversa dalla prima, hanno mostrato ugualmente paura, suggerendo che sebbene il contesto fosse diverso il ricordo era generalizzato. Al contrario, i topi a cui non erano stati silenziati i Lrips, riuscivano a distinguere le due stanze, attivando la paura in quella legata alla scossa e no in quella non collegata a ricordi spiacevoli.

Altre implicazioni
«Le implicazioni di questi risultati per il cervello umano, benché preliminari, sono intriganti ─ commenta il coautore dott. Attila Losonczy ─ Lo studio suggerisce che ogni alterazione in questi percorsi può contribuire a forme patologiche di paura come lo stress post-traumatico, l’ansia o gli attacchi di panico».