Tumori, diventare mamma dopo un cancro? Diritto negato in Italia
Ogni anno circa 1.500 donne colpite da tumore chiedono ai medici di preservare la fertilità ma i farmaci anti-sterilità sono a totale carico delle pazienti, perché non rientrano tra quelli prescrivibili per questo specifico scopo, nonostante numerosi studi scientifici abbiano dimostrato la loro sicurezza ed efficacia.
ROMA - La possibilità di diventare madri dopo il cancro è un diritto ancora negato in Italia. Ogni anno circa 1.500 donne colpite da tumore chiedono ai medici di preservare la fertilità ma i farmaci anti-sterilità sono a totale carico delle pazienti, perché non rientrano tra quelli prescrivibili per questo specifico scopo, nonostante numerosi studi scientifici abbiano dimostrato la loro sicurezza ed efficacia. È necessario un intervento normativo urgente, come evidenziato dalle associazioni dei pazienti (FAVO - Federazione italiana delle Associazioni di Volontariato in Oncologia, ANDOS - Associazione Nazionale Donne Operate al Seno, AIMaC - Associazione Italiana Malati di Cancro, Salute Donna). L'appello è contenuto nel documento inviato al Ministero della Salute e alla Conferenza Stato-Regioni e presentato al Convegno «Prevenire la sterilità e conservare la fertilità nelle donne malate di cancro», svoltosi il 16 dicembre al Senato.
«Ogni anno - spiega Elisabetta Iannelli, segretario FAVO - 5.000 donne nel nostro Paese devono confrontarsi con un tumore quando ancora potrebbero diventare madri. Per le giovani donne colpite da tumore è fondamentale poter conservare la fertilità per poter aver una chance di maternità dopo le cure oncologiche, che in molti casi mettono a rischio la capacità riproduttiva». Ma, osserva, «il costo dei farmaci è a completo carico delle pazienti, i percorsi clinico assistenziali non sono stati ancora definiti, manca del tutto un osservatorio nazionale che si occupi del problema».
Il cancro del seno e i linfomi sono le neoplasie più frequenti nelle donne giovani. Rappresentano il 60% di tutti i tumori nelle under 40 e vengono trattati nella maggior parte dei casi con chemioterapia potenzialmente tossica per la funzione ovarica. «Dai dati della letteratura si evince che tra le 3000 giovani donne italiane a rischio di infertilità a causa della malattia, circa la metà è interessata a preservare la propria fertilità - sottolineano Lucia Del Mastro, membro del Consiglio Direttivo Nazionale dell'Associazione Italiana di Oncologia Medica (AIOM), e Fedro Peccatori, direttore dell'Unità di Fertilità e Procreazione dell'Istituto Europeo di Oncologia (IEO) -. Le tecniche consolidate per prevenire l'infertilità da chemioterapia sono la raccolta di ovociti prima dei trattamenti chemioterapici e la loro crioconservazione e l'utilizzo di farmaci (analoghi LHRH) che proteggono le ovaie durante i trattamenti. Queste tecniche possono entrambe essere applicate alla stessa paziente e hanno un tasso di successo relativamente elevato, con possibilità di gravidanza dopo la guarigione tra il 30 e il 50% a seconda dell'età della donna, dei trattamenti chemioterapici ricevuti e del numero di ovociti crioconservati».
Il costo complessivo per il trattamento farmacologico con LHRH delle donne che ne hanno effettivamente bisogno può essere stimato in 77.000 euro/anno per il Servizio sanitario nazionale. Se poi tutte le pazienti candidate alla preservazione della fertilità si sottoponessero alla crioconservazione degli ovociti, la spesa totale complessiva ammonterebbe a circa 1.500.000 euro.
- 03/01/2019 Cancro: arriva The patient dream, per sognare di star bene
- 25/12/2018 Avere un figlio a 35 anni aumenta dell’80% il rischio di contrarre il cancro al seno
- 04/12/2018 Tumore al seno metastatico. Nuovo farmaco (approvato in Italia) per bloccare la malattia in 2 anni
- 22/11/2018 Scienziati riescono a trovare il «freno» delle cellule tumorali