La Camera spagnola approva la riforma dell'aborto voluta dal Psoe
Il provvedimento dovrà ora passare al vaglio del Senato
MADRID - Con 184 voti favorevoli e 158 contrari la Camera spagnola ha approvato il provvedimento di riforma dell'aborto, la Legge sulla salute sessuale e Riproduttiva, che dovrà ora passare al vaglio del Senato; si sono schierati a favore della riforma tutti i gruppi parlamentari, con l'eccezione dei conservatori del Pp e di parte dei nazionalisti catalani di CiU, formazione anch'essa di centro-destra.
Il testo prevede la possibilità di interrompere la gravidanza liberamente fino alla 14esima settimana e, in particolari condizioni, quali rischi per la salute della madre o malformazione del feto, fino alla 22esima settimana. In quest'ultimo caso il provvedimento è di fatto più restrittivo rispetto a quello in vigore, che vincola la decisione al parere un medico specialista: servirà infatti il parere positivo di due medici. La legge permette anche alle minorenni di abortire senza il consenso dei genitori, con l'obbligo però di informarli a meno che non vi sia il rischio di conflitto familiare e quindi di violenza domestica.
Inoltre, sarà possibile interrompere la gravidanza anche oltre le 22 settimane se dovessero essere rivelate anomalie del feto quali malattie estremamente gravi o incurabili, dietro parere favorevole di una commissione di specialisti, anche qui con vincoli più rigidi rispetto a quanto accade attualmente.
La riforma ha mobilitato la Chiesa cattolica spagnola, con i vescovi che hanno sostenuto e fomentato movimenti di protesta della società civile, con manifestazioni moltitudinarie di cui l'ultima alcuni mesi fa a Madrid.
Attualmente l'aborto - considerato un reato - è autorizzato solo in caso di violenza sessuale entro le 12 settimane, di malformazione del feto entro le 22 settimane o in caso di grave rischio per la salute psichica o fisica della madre, senza alcun limite di tempo: le statistiche mostrano che la grande maggioranza delle interruzioni di gravidanza viene praticata per «rischi psicologici», in alcuni casi oltre il sesto mese.
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