9 maggio 2024
Aggiornato 11:30
La psicologia dell'«arrabbiatura»

Quando è arrabbiato l'uomo è distruttivo, la donna vendicativa

Arriva dall’America una ricerca a spiegare per quale motivo dobbiamo temere di più le arrabbiature dei maschi

Arriva dall’America una ricerca a spiegare per quale motivo dobbiamo temere di più le arrabbiature dei maschi, la loro ira «funesta» che li priva della ragione e li direziona in una delle valvole di sfogo più comuni, ad esempio verso la vendetta. D’altra parte la cronaca nera è spesso lo specchio delle conseguenze nefaste cui possono condurre le esplosioni d’ira maschile.

Va detto che per quel che concerne le arrabbiature (e il cielo solo sa quante occasioni di arrabbiarci capitano ogni giorno!) uomini e donne si comportano diversamente. Infatti, quando sono arrabbiati, gli uomini per regolare il loro stato d’animo cercano letture e messaggi mediatici che li aiutino a conservare la rabbia con la prospettiva di vendicarsi riversandola completamente sull’altro al prossimo incontro. Tutto il contrario delle donne, che invece, cercano notizie e messaggi più positivi che le aiutino a ritrovare la calma e il buonumore prima di un nuovo possibile confronto. Dunque il maschio arrabbiato, secondo questa ricerca, medita azioni distruttive nei confronti di chi lo ha fatto arrabbiare e non ci riferiamo certo all’ira di Zeus, padre degli Dei, raffigurato nell’atto di scagliare fulmini contro i nemici in quanto queste figure religiose e mitologiche rappresentano la necessità psicologica di ribellarsi davanti alle ingiustizie, spinti proprio dall’adrenalina data dalla loro rabbia che li porta a creare grandi eventi.

La ricerca cui ci riferiamo portata a termine da Silvia Knobloch-Westerwick, assistente alla cattedra di comunicazione presso l’Ohio State University, in collaborazione con Scott Alter della University of Michigan, stabilisce quale è il differente stato d’animo maschile e femminile dopo un bel litigio, fossero anche i famosi «cinque minuti», ossia quegli scoppi di ira che avvengono dopo accumuli di tensione e che generalmente danno ragione ad una statistica secondo la quale le persone contro le quali ci si arrabbia di più sono quelle che amiamo, a prova del fatto che odio e amore hanno molto in comune.

Lo studio, dunque, ha coinvolto 86 studenti universitari. In un primo momento gli studenti dovevano sedere davanti ad un computer e portare a termine un compito impossibile: assegnare uno stato d’animo tra rabbia, paura tristezza, disgusto, felicità e sorpresa, a 20 facce neutre diverse, ognuna delle quali compariva sullo schermo solo per due secondi. A quel punto il supervisore dava ad ogni partecipante uno di due responsi standard l’esperimento. Uno per farlo arrabbiare molto, l’altro per farlo arrabbiare solo un po’. A seconda del livello di rabbia che voleva suscitare diceva loro che avevano sbagliato il 45 o l’85 per cento delle risposte e che questo risultato rifletteva le loro «scarse»o «inservibili» attitudini sociali. Prima dell’esercizio era stato detto ad alcuni partecipanti che avrebbero avuto la possibilità di valutare il supervisore e raccomandare o meno il suo licenziamento.

Durante la seconda fase dello studio è stato chiesto di valutare una rivista on line; ciascuno aveva 12 storie a disposizione, ma per mancanza di tempo poteva sceglierne una sola. I risultati hanno mostrato che i maschi che avevano la possibilità di rifarsi nei confronti del supervisore hanno scelto gli articoli «negativi», a prescindere dal loro livello di rabbia. Gli uomini che non avevano la stessa opportunità hanno scelto invece storie più positive. Le donne hanno sempre scelto storie positive. Secondo gli autori questi risultati suggerirebbero che le persone talvolta usano i media e scelgono, inconsciamente, determinate notizie, musiche, visioni per modulare il loro stato d’animo. Ed a proposito della percezione della propria rabbia da uomo a donna va detto che mentre le donne considerano lo scoppio d’ira un problema personale da risolvere, che spesso porta anche ad assurdi sensi di colpa, per gli uomini non richiede necessariamente l'analisi emotiva che invece, molto spesso, si impongono le donne.