18 aprile 2024
Aggiornato 02:30
L'intervista

Dragoni: «Sul green pass la Lega ha sbagliato, i suoi elettori sono infuriati»

Fabio Dragoni, imprenditore, manager ed editorialista de «La Verità», fa il punto al DiariodelWeb.it sulla situazione politica del governo Draghi e del centrodestra

Il leader della Lega, Matteo Salvini
Il leader della Lega, Matteo Salvini Foto: Riccardo Antimiani ANSA

Nonostante la maggioranza parlamentare più ampia nella storia della Repubblica e un coro praticamente unanime di consensi mediatici, persino nel governo Draghi stanno emergendo i primi scricchiolii. Figuriamoci all'interno del centrodestra, uscito non proprio in forma dalle ultime elezioni amministrative e perennemente in cerca di un proprio equilibrio. E un fattore più decisivo di quanto appaia a prima vista, in questi sommovimenti politici, potrebbe averlo giocato proprio il green pass: è quanto afferma ai microfoni del DiariodelWeb.it Fabio Dragoni, imprenditore, manager ed editorialista del quotidiano «La Verità».

Fabio Dragoni, che giudizio dà di questi primi nove mesi di governo Draghi?
Straordinariamente negativo, oltre le peggiori aspettative. E io, pur non facendomi troppe illusioni, non ero affatto un antipatizzante di questo governo.

Almeno dal punto di vista economico, l'esecutivo rivendica la ripresa.
Eppure la legge di Bilancio è deludente. L'Italia aveva l'opportunità di varare una manovra in deficit molto ampia, per poter effettivamente rilanciare un'economia a pezzi. Tutti si soffermano sull'attuale crescita del 6%, ma dimenticano di dire che il nostro è stato il Paese europeo più colpito in termini economici. In un quadro che ci vedeva già debolissimi: non scordiamoci che, nel 2019, non avevamo ancora recuperato il reddito del 2008.

Quindi neppure l'agenda economica del premier la convince?
No, il mio voto è negativo. Draghi non si è dimostrato all'altezza delle aspettative. Soprattutto se confrontiamo ciò che ha fatto in pratica con quanto aveva scritto a marzo 2020 in un editoriale sul Financial Times, in cui invitava tutti i governi ad agire coraggiosamente, con politiche di stampo keynesiano.

E sugli altri punti del programma?
Il giudizio è ancora più negativo. Il governo Draghi ha investito un capitale politico enorme nel green pass. Qualcuno lo ha convinto che fosse una trovata straordinaria, a metà strada tra la scoperta del fuoco e l'invenzione della ruota. Del resto la campagna vaccinale andava bene, quindi Draghi aveva un'occasione unica per affermare di essere stato bravo. Invece no: si è incaponito a cercare di convincere quel 15% degli italiani che ancora non si era vaccinato.

Politicamente è stato un errore?
Il risultato è sotto gli occhi di tutti: un provvidimento divisivo e discriminatorio, il Paese lacerato, continue manifestazioni, misure odiose perché sopprimono la libertà e straordinariamente negative per il loro impatto economico. Uno Stato diviso non può crescere.

Quel «qualcuno» che ha convinto Draghi della bontà del green pass è da ricercare nel centrosinistra, immagino.
Ma non solo. Dividerei equamente le responsabilità tra Speranza e Brunetta. Se sento parlare i ministri di Forza Italia, faccio fatica a capire se non militino nello stesso partito di quelli del Pd. E qui si pone un problema politico più ampio, per una forza nata per essere liberale che oggi appoggia questo scempio del green pass.

Nel governo che ha varato il lasciapassare vaccinale, però, c'è anche la Lega.
Che ha commesso un grosso errore. Ne ha sottovalutato la portata distruttiva, illudendosi che fosse un problema di minoranza. Invece i dati dimostrano che non è affatto così. Uno studio dell'università Cattolica di Milano, su un campione di seimila persone, molte di più di quelle che normalmente vengono intervistate sulle intenzioni di voto, dimostra che il 48% degli italiani è contrario al green pass. E infatti la Lega lo sta pagando.

Questo è il motivo per cui stanno emergendo così fortemente le fratture interne?
Direi di sì. L'ala nordista e governista, che farebbe capo a Giorgetti, Zaia e Fedriga e che ha appoggiato il green pass, in realtà ha mandato al macero l'essenza stessa della Lega. Che nasce come un movimento duro e molto convinto sui temi sociali, come l'immigrazione o le questioni religiose, ma anche fortemente libertario e liberista a livello economico. Infatti l'elettorato storico della Lega è arrabbiato, nei confronti di questa presa di posizione quasi entusiastica del partito verso il green pass. Hanno tenuto duro soltanto personaggi come Borghi, Siri e Bagnai, che saranno anche gli ultimi arrivati ma hanno ben chiari in testa i valori fondanti della Lega.

E Salvini?
Mi sembra di capire che dia ragione all'ultimo con cui parla.

Fratelli d'Italia è attrezzato a raccogliere e rappresentare questo malcontento?
Finché è all'opposizione è tutto più semplice: può permettersi di godere degli errori altrui. I problemi vengono fuori quando devi governare, quando si misura la qualità della classe dirigente. Secondo me è presto per dire se Fdi è all'altezza. Ammesso e non concesso che la situazione non è irreversibile neppure per la Lega. A mio parere hanno ancora la possibilità di rimediare: non dico di tornare ai fasti delle elezioni europee 2019, ma bisognerà vedere.

Sull'elezione del presidente della Repubblica, chi ha più possibilità realisticamente: Berlusconi, Draghi o qualcun altro?
Secondo me Berlusconi ha più possibilità di quanto si voglia credere. Ogni minuto che passa mi convinco che la sua opzione sia sempre meno surreale e sempre più realistica. Parallelamente, mi sembra che diminuiscano le chance di Draghi. Non lo escludo, sia chiaro, ma ci vorrebbe un concorso di cause forti per portarlo al Quirinale.

Come mai dice questo?
Perché in questo momento non c'è nessuno che abbia l'interesse a farlo. Il Movimento 5 stelle non vuole nemmeno sfiorare di striscio il rischio di andare al voto anticipato, quindi Draghi deve rimanere lì dov'è. Forza Italia ambisce a portare Berlusconi su quella poltrona. Il Pd non fa mistero di volere la conferma di Mattarella. Quindi, alla fine della fiera, Draghi non è la prima scelta di nessuno. Poi le elezioni possono andare nella maniera più strana e imprevedibile, quindi non è detto che non ce la faccia. Ma in questo momento l'opzione non è gettonatissima.