25 aprile 2024
Aggiornato 09:00
L'intervista

Marinoni (Confcommercio): «Scatta lo sciopero fiscale, 50 mila aziende non pagheranno le tasse»

Franco Marinoni, direttore di Confcommercio Toscana, spiega al DiariodelWeb.it le ragioni dell'iniziativa di disobbedienza decisa dalla sua associazione di categoria

Marinoni (Confcommercio): «Scatta lo sciopero fiscale, 50 mila aziende non pagheranno le tasse»
Marinoni (Confcommercio): «Scatta lo sciopero fiscale, 50 mila aziende non pagheranno le tasse» Foto: Giuseppe Lami ANSA

Sciopero fiscale. Ovvero, la decisione più drastica, ma a questo punto ormai obbligata: non pagare le tasse del 2020. È l'iniziativa annunciata dalle 50 mila aziende associate a Confcommercio Toscana, per protestare contro la gestione economica dell'emergenza coronavirus da parte del governo Conte, ma anche per un dato di fatto molto più semplice e incontestabile: i soldi, banalmente, non ci sono. Il DiariodelWeb.it ha raggiunto Franco Marinoni, direttore dell'associazione di categoria.

Direttore Franco Marinoni, ci spieghi la vostra iniziativa dello sciopero fiscale.
Non è un atto violento o eversivo, ma un atto di difesa di una categoria alla quale non sono state lasciate alternative. Noi abbiamo seguito scrupolosamente tutte le prescrizioni precauzionali, organizzative e igienico-sanitarie, per impegnarci a limitare il più possibile la diffusione del contagio. Le abbiamo accettate senza battere ciglio, perché la salute viene prima di tutto. Ma non va dimenticato che nel nostro Paese non esiste solo un'emergenza, ce ne sono due.

In che senso?
Oltre all'emergenza sanitaria ce n'è una non meno grave: quella economica. E di questa, finora, ci si è occupati in maniera meno efficace. La pandemia si è diffusa in tutto il mondo, ma la sua gestione schizofrenica si è vista solo in Italia.

Perché la definisce addirittura schizofrenica?
Perché i provvedimenti sono contraddittori: si pensi alla nostra Toscana che è tuttora in zona rossa pur avendo parametri da zona arancione o addirittura gialla. Ci sono Regioni messe peggio di noi, che però stanno lavorando. Essere rimasti chiusi ancora oggi e aver perso un ulteriore fine settimana pre-natalizio per motivi puramente burocratici o amministrativi è assurdo. Ma non è tutto.

Mi dica.
Chi ha stabilito che si possono vendere le calzature per bambini e non quelle per adulti? O che quello stesso prodotto lo si può vendere nell'esercizio di vicinato ma non al banco del mercato? Noi restiamo chiusi per evitare gli assembramenti, ma poi si verificano lo stesso: nei supermercati, nei treni regionali, sul trasporto pubblico. Alla fin fine molte attività commerciali sono comunque aperte: restano chiusi gli esercizi dell'abbigliamento, le gioiellerie, gli antiquari e poco altro. E io non credo che ci sia un problema di assembramenti nelle gioiellerie, le pare?

Difficile da sostenere.
Se non si agisce in maniera efficace, il problema non si risolve, e il sacrificio di chi non sta lavorando è vano. Le nostre imprese vivono su delicatissimi equilibri economici tra entrate e uscite. La legge mi blocca le entrate, perché non mi fa lavorare, ma non fa niente sul fronte delle uscite, che continuano a correre come nulla fosse. In queste condizioni si può reggere per qualche settimana, per qualche mese. Noi abbiamo resistito al primo lockdown, ma l'errore è stato non aver fatto nulla di efficace durante l'estate.

Non temete di essere accusati di evasione fiscale, con il vostro sciopero?
Noi condanniamo l'evasione fiscale: l'evasore è un ladro della collettività, che va punito ed emarginato. Lo sciopero è un atto legittimo di protesta, un diritto riconosciuto dalla Costituzione. Non è altro che una copertura politica ad un comportamento che le nostre imprese avrebbero tenuto comunque. Le risorse mancano e con quelle poche che ci sono preferiamo pagare i dipendenti, che sono la vera ricchezza dell'azienda, e i nostri fornitori, che sono aziende come noi.

Quindi non temete conseguenze negative?
Non ci sono alternative: non ci hanno lasciato altra via. Potrei elencarle mille motivi per cui noi non pagheremo le tasse. Ma ce n'è uno più importante di tutti: non abbiamo i soldi.

Quali sono le tasse che non pagherete?
L'Irap, l'Ires, l'Irpef. Ovvero, esattamente quelle che sono state rimandate dal 30 novembre al 30 aprile: e il rinvio è un primo risultato che abbiamo ottenuto. Un provvedimento importante, perché ci dà respiro, ma non risolutivo.

Vi aspettavate un anno bianco fiscale?
Esattamente. Quello che chiediamo è che venga tirata una croce su questo disgraziato 2020, che sia cancellata ogni forma d'imposta relativa a quest'anno. Quando ripartiremo, ci auguriamo di essere in condizione di far fronte a tutti gli impegni da quel momento in avanti. Ma se avremo anche il fardello accumulato delle imposte del 2020, non ripartiremo più. Questa è una guerra. E il costo di una guerra non può essere lasciato sulle spalle del privato: deve sobbarcarselo lo Stato.

Quindi i ristori previsti dal governo sono insufficienti?
Sono irrisori: con poche migliaia di euro non si va avanti. E il termine usato per definirlo lo trovo anche offensivo. In Germania la Merkel ha preso un provvedimento semplicissimo: tutti chiusi, ma sul conto arriva, senza nemmeno doverlo chiedere, il 70% del fatturato dello stesso mese dell'anno precedente. In quel modo non si hanno profitti, ma almeno si riesce a far fronte alle spese.

Qual è stato l'impatto del Covid sui vostri conti?
Ha falcidiato i fatturati dell'80%, in molti casi. Si pensi ai ristoranti o all'abbigliamento, che è fatto di prodotti non meno deperibili rispetto a quelli alimentari. I magazzini sono pieni e non ci fanno lavorare. Persino nel mese di dicembre, che aveva un'incidenza elevatissima sul fatturato annuale.

Che cosa pensa delle ultime misure annunciate dal governo Conte per Natale?
Sono drammatiche. Con l'ulteriore rabbia di assistere, invece, alle promozioni delle piattaforme online come Amazon per un Natale che, per loro, sarà straordinario. Gli si è fatto un grande regalo, e loro ringraziano.

Oltretutto, Amazon non ha nemmeno bisogno di fare lo sciopero fiscale, perché di tasse in Italia e in Europa ne paga pochissime.
E questa è l'altra anomalia. Si stanno spostando i consumi da un settore del sistema economico ad un altro. E la tragedia nella tragedia è che tutto questo avviene probabilmente nel peggior momento storico della nostra vita repubblicana, con un governo totalmente inadeguato.