11 dicembre 2024
Aggiornato 07:30
Università

Dopo il niet al numero chiuso all'Università una domanda sorge spontanea: perché il Tar dice sempre no?

L'Università di Milano ha posto il numero chiuso per le facoltà umanistiche. Motivazione di normale buon senso, considerando il numero di professori che abbiamo e la capienza delle nostra aule. Ma poi è arrivato il Tar...

MILANO - Pochi giorni fa l'Università di Milano ha posto il numero chiuso per le facoltà umanistiche. Motivazione di normale buon senso, considerando il numero di professori che abbiamo e la capienza delle nostra aule: se accettassimo oltre un certo numero di studenti non potremmo erogare un servizio di qualità. Ma in Italia si trova sempre un motivo legale per stoppare le buone idee, basta chiamare in causa il famigerato Tar del Lazio. L'Università di Milano è in buona compagnia, solo per citare i casi più eclatanti il blocco della riforma Madia sui Forestali, i Direttori stranieri alla giuda dei principali musei, le centinaia di appalti e via dicendo. Noi non sappiamo quanti atti amministrativi siano stati bocciati dal Tar del Lazio né dubitiamo minimamente della fedele applicazione delle leggi da parte dei giudici, certo che la sensazione è che queste persone blocchino ogni tentativo di riforma della macchina pubblica, con buona pace dei cittadini che auspicherebbero una nazione più efficiente, dirigenti che si sforzano di trovare delle soluzioni e politici che provano a non far perdere competitività allo stato. Se per paradosso tutti i cittadini italiani che hanno già terminato gli studi, che ora lavorano o sono in pensione, si iscrivessero all'Università di Filosofia di Milano e con enormi sforzi organizzativi riuscissero anche a frequentare le lezioni, nessuno studente ventenne potrebbe seguire le lezioni, parlare con i docenti e via dicendo. Ora ci chiediamo, ma perché il Tar si accanisce così tanto per negare un'istruzione di qualità?