Renzi «chiama» i tecnici: «Tra qualche mese il governo cadrà. E loro torneranno»
L'ex segretario del Pd nel libro di Bruno Vespa, «Rivoluzione», si lancia in una previsione funesta. Poi fornisce la sua versione sul governo mancato Pd-M5s

ROMA - «Sta andando tutto a carte quarantotto. Di qui a qualche mese torneranno i tecnici al governo. Quelli che io ho combattuto per ristabilire il primato della politica. Mi dispiace e mi preoccupa». È questa la previsione di Matteo Renzi che, intervistato da Bruno Vespa per il suo ultimo libro «Rivoluzione», si è detto convinto che il governo non durerà a lungo. Poi, però, l'ex segretario guarda avanti. E delinea il Pd che ha in mente. A partire dai comitati civici: «Nel 2019 li riuniremo anche fisicamente. Saranno una grande novità per la politica italiana: completeranno la rottamazione che è rimasta a metà strada. Io sono orgoglioso del lavoro che abbiamo fatto in tre anni di governo. Ma quello è il passato e io voglio occuparmi del futuro».
Il ruolo dei comitati civici
I Comitati Civici sono la porta d'uscita del Pd? «No» risponde Renzi. «Sono una cosa molto più ampia del Pd. Finalmente si stanno svegliando quelli che dicevano diamo una 'chance ai grillini'. Si rendono conto che rischiamo di sbattere e provano a dare una mano. Ma col Pd non lo fanno, con i comitati sì». E alla domanda se guiderà una cosa diversa dal Pd l'ex laeder dem risponde: «Non è un partito, non è una lista, non la guido io».
«La vecchia sinistra-Dc voleva accordo con M5s»
Matteo Renzi ricostruisce il fallimento della trattativa con il Movimento 5 Stelle per la partecipazione del Pd al governo: «Quando la mattina del 5 marzo mi chiamò Franceschini per dirmi in modo sbrigativo che dovevo andarmene, capii che c'era una parte del Pd che fin dalla notte elettorale immaginava che noi dovessimo metterci d'accordo con i 5 stelle. C'era un'ala della vecchia sinistra democristiana che si poneva di romanizzare i barbari». L'ex leader Pd ricorda i suoi incontri con gli emissari del Movimento: «Avemmo un dialogo molto civile. Volevano un accordo che partisse da Di Maio premier. Non mettevano veti, anzi si auguravano che portassi la mia esperienza in Italia o all'estero. Manco morto, risposi, io non ci sono, noi non ci siamo».
L'intesa Martina-Fico
«Appena vidi che si stava stabilendo una intesa tra Martina e Fico» ricorda ancora Renzi «mi accorsi che si era creato un sistema. La strategia era molto chiara: mettevano la pallina dell'accordo su un piano inclinato, non rendendosi conto che nella base del Pd nessuno voleva l'accordo e speravano che fosse troppo tardi per dire no. Questa scelta sarebbe stata una follia e l'ufficializzazione del bipolarismo populista: Lega contro 5 Stelle e noi a fare i portatori d'acqua. Eravamo una diga contro il populismo e questa diga è stata corrosa all'interno prima di essere distrutta da fuori. Il fuoco amico più che 5 stelle ha sconfitto il Pd, chi mi ha fatto la guerra sono stati i miei, sempre. Di Maio e Salvini hanno potuto muoversi in totale libertà e autonomia. Io non ho ricevuto alcun sostegno. È una cosa sconvolgente».
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