11 dicembre 2024
Aggiornato 02:00
Referendum Lombardia e Veneto

Grimoldi al DiariodelWeb.it: «Lombardia e Veneto come la Catalogna, ecco cosa succederà dopo il 22 ottobre»

Il referendum per l'indipendenza della Catalogna, l'autonomia di Lombardia e Veneto, affinità e differenze, la spaccatura con Giorgia Meloni. Di questo e altro abbiamo chiesto conto al segretario nazionale della Lega Lombarda Paolo Grimoldi

Il segretario della Lega Lombarda Paolo Grimoldi
Il segretario della Lega Lombarda Paolo Grimoldi Foto: Giuseppe Lami ANSA

ROMA - Il referendum per l'indipendenza della Catalogna, l'autonomia di Lombardia e Veneto, affinità e differenze, la spaccatura con Giorgia Meloni. Di questo e altro abbiamo chiesto conto al segretario nazionale della Lega Lombarda Paolo Grimoldi. 

Onorevole Paolo Grimoldi, il referendum della Catalogna è stato un'anticipazione di quello in Lombardia e Veneto?
Non direi, ci sono grosse differenze. Nella forma, perché quello era illegale mentre il nostro non solo è previsto dalla Costituzione italiana, ma chiede che la Costituzione stessa sia attuata. Nel merito, perché loro chiedevano l'indipendenza, noi l'autonomia.

Eppure voi, come Lega, avete dato un sostegno esplicito alla consultazione dei catalani. Visto come è andata a finire, la ritiene un successo politico?
Sì. Se il governo della Catalogna voleva creare il caso, la Spagna è caduta nel suo tranello. Rajoy ha commesso un errore che obbliga le diplomazie mondiali a schierarsi contro di lui, quantomeno nella condanna degli atti di violenza. Da quel punto di vista i catalani hanno vinto. Adesso, per l'Europa, al di là delle dichiarazioni di circostanza, è un bel problema: chi invoca il rispetto dei trattati dovrebbe ricordarsi che, in caso di violenze ingiustificate della polizia, è prevista anche l'espulsione dall'Unione. E adesso si apre una trattativa senza precedenti.

Con le ovvie differenze, in Italia come in Spagna c'è però una gran voglia di democrazia che i governi non sembrano assecondare.
Assolutamente sì. Dobbiamo riconoscerlo soprattutto noi, che siamo al settimo anno di governo non eletto dal popolo, il quarto di fila. Vedere anziani, donne e famiglie catalane in fila per il voto, che è l'essenza stessa della democrazia, è sempre una buona notizia. Ed è pessima quella della repressione, che in Europa non si vedeva in queste modalità da molti anni.

Questi risultati potranno avere un effetto sul vostro referendum del 22 ottobre?
A livello comunicativo i media nazionali, che avevano fatto del loro meglio per nasconderlo, ora sono costretti a parlarne. Nel merito no, perché non c'entrano niente, se non per la comune volontà democratica.

E nel senso di identità e di appartenenza c'è un'analogia tra il popolo catalano e quello lombardo-veneto?
In Veneto è un po' più forte, ma in Lombardia la questione non è ideologica e nemmeno squisitamente economica, ma di efficienza. Faccio un esempio: com'è possibile che nel 2017 la strada che collega Monza a Lecco sia ancora di competenza dello Stato, quindi per ogni lavoro di manutenzione bisogna passare da Roma? Non è un caso se qualche mese fa lì è crollato un ponte ed è morta una persona.

Entriamo nel merito, allora. Bersani ha sostenuto che il referendum della Catalogna fosse una cosa seria, mentre il vostro equivarrebbe a votare «Viva la mamma». Chiariamolo una volta per tutte: se vince il sì, cosa succede il giorno dopo?
Il giorno dopo si apre una trattativa con lo Stato centrale per avere maggiori competenze. La stessa che ha aperto già a luglio il governatore della Regione di Bersani, l'Emilia-Romagna, che è del partito in cui lui militava fino all'altro ieri.

Ma per questa trattativa serve un referendum? Non è solo un'arma di campagna elettorale?
Lo capisce anche un bambino che, con un voto popolare alle spalle, un governatore ha molto più potere contrattuale nella trattativa con lo Stato di quanto ne avrebbe andando da solo.

E l'obiettivo di questa trattativa sarebbe?
Concedere alla Regione più competenze, come per esempio le ha il Trentino, che è una realtà ben amministrata e che funziona. La Lombardia, del resto, ha dimostrato di essere una Regione virtuosa in questi anni.

Ma, in prospettiva, voi vorreste applicare l'autonomia a tutte le Regioni italiane?
Certo. Questo spronerebbe anche le Regioni meno virtuose a diventarlo.

Per questo non ci vorrebbe un'altra riforma costituzionale?
Al contrario, la riforma c'è già stata: è quella che fece il centrosinistra nel 2001.

E perché non è mai stata applicata?
Perché è mancata la volontà politica.

Salvini, che ormai è un leader nazionale, ha ribadito che questo con l'indipendenza della Padania non c'entra più niente. Me lo conferma anche lei da leader lombardo?
Ci sono ampie parti del profondo Nord che ancora oggi la ritengono l'unica soluzione per uscire dal pantano. Ma non è più la nostra proposta politica.

E la sua opinione?
Io resto un convinto federalista.

Ma non mi vuole dire un «no» secco all'indipendenza.
Le dico che non è più la nostra proposta e non ritengo che sarebbe una proposta corretta in questo momento.

La Meloni si è espressa fortemente contro e si è attirata le critiche di Maroni. Questo referendum può incrinare la coalizione di centrodestra?
I rappresentanti al Nord del partito della Meloni hanno di fatto preso le distanze da lei pubblicamente. Forse, con questa Lega in crescita a livello nazionale, la Meloni ha avuto paura di esserne travolta e di prendere il 2% alle prossime elezioni, quindi ha sentito la necessità di differenziarsi. Lo capisco, faccio politica anch'io. Ma si tratta di una distanza solo tattica, che non pregiudica le nostre alleanze.