Milano, vigile ammazza il capo e dopo si suicida. La rabbia covata per anni
Il vigile Massimo Schipa uccide a sangue freddo il suo comandante. Lo vessava da anni e non ne poteva più di subire ingiustizie ogni giorno. Il racconto della moglie

MILANO - Ed è ecco l’ennesimo omicidio-suicidio della settimana: un vigile spara a un suo superiore. «O mi lasciano andare, o mi dimetto. Non ce la faccio più». Era da tempo che il vigile doveva fare i conti con un superiore con cui non riusciva a lavorare. Il suo comportamento lo feriva ogni giorno di più. E la moglie lo sapeva bene quando lo vedeva rientrare la sera a casa. Aveva covato della rabbia da anni ed era lì, pronta ed esplodere. Un sentimento che ormai non gli permetteva più di ragionare in maniera lucida. Nonostante tutto, però, organizza in maniera totalmente razionale l’omicidio del suo collega: va da lui, rispondendo alla sua chiamata. Ma il suo intento era un altro: dare per sempre fine alle sue sofferenze. E lo poteva fare in un modo solo: uccidere il suo capo. Poco dopo, però, perde il suo coraggio, forse anche la sua sete di vendetta. E di fronte all’omicidio che aveva appena commesso, si sente perso e impotente. Prende così la pistola e si spara dando fine per sempre a un rapporto di odio che da anni lo tormentava.
La telefonata
Il comandante chiama il vigile poco prima delle 15 di ieri. «Rientra in comando, ti devo parlare». Poco tempo dopo i due si incontrano e perdono la vita. Tutto nasce dal fatto che il suo superiore, Massimo Iussa, sembra voler far di tutto per far perdere la pazienza a Schipa. Lui inizia il servizio pattugliando la zona di San Donato con l’auto. Dopo poco, Iussa lo chiama per assegnargli un altro lavoro. Generalmente poco gratificante. La stessa cosa è accaduta nel pomeriggio di ieri: «Ecco qua, la solita storia, siamo appena usciti e adesso ci richiama - dice Schipa al suo collega - e, vedrai, ci manda di pattuglia a piedi, proprio oggi che piove... Dimmi se non è una roba fatta apposta...».
Troppi anni a subire
Schipa sembrava subire ingiustizie da anni. Tant’è vero che aveva anche chiesto il trasferimento. Non ne poteva più di essere trattato in quel modo. «O mi lasciano andare, o mi dimetto. Non ce la faccio più», aveva dichiarato più volte alla moglie. «Gli chiedevano di fare sempre i servizi e non era un caso, non c’erano necessità di servizio. Si lamentava molto, e non era sua abitudine, non era così di carattere».
La vicenda
Il comandante chiama Schipa al telefono. Come sempre gli dice che deve parlargli. Ma in realtà vuole assegnargli il lavoro peggiore per la giornata. Così il vigile, una volta recatosi di fronte a lui, prende la pistola d’ordinanza e lo uccide. Quasi come se avesse bisogno di un attimo di pace. Di dar fine a vessazioni continue sul posto di lavoro. «Magari se lo avesse incontrato dopo, con più calma, e non in quel momento di rabbia cieca, non avrebbe sparato...», commenta uno degli investigatori. Probabilmente è vero, ma sicuramente non sarebbe mai riuscito a dare fine alle prepotenze di Iussa.
Tutto inizia dieci anni fa
Schipa era originario di Sesto San Giovanni, ma una decina di anni fa aveva richiesto il trasferimento: voleva stare accanto alla moglie che, in quel periodo, si era ammalata gravemente. Inizialmente, però, tutto sembrava andare per il meglio. Schipa, infatti, «era un tipo solare, che non creava mai problemi». D’altro canto il comandante Massimo Iussa, aveva fatto molta strada nel suo lavoro. Dal 1995 a oggi era arrivato quasi al massimo grado. Era anche lui sposato con figli ed aveva lavorato con giunte di diverso orientamento politico. Sui social, per esempio, ostentava la sua empatia con il gruppo Cinque Stelle.
Iussa un eroe?
Tutti lo ricordano come una sorta di eroe, quando Massimo Iussa nel 2007 intervenne durante una lita tra due pregiudicati. Lite che si trasformò in una rissa violentissima. In quel frangente venne colpito alla testa finendo in coma. Ma quando si risvegliò divenne stranamente una persona meravigliosa. «Da allora divenne una sorta di eroe -spiega un ex assessore - una persona leale e un gran lavoratore, avremmo voluto farlo comandante». Poco dopo fu effettivamente promosso a comandante.
L’inizio dell’incubo
Quando Iussa diventa comandante tutto cambia – in peggio. Specialmente per il povero Schipa. «Da quando sono cambiati i vertici non mi trovo più bene», afferma il vigile. Non a caso aveva firmato più di quattro domande di «mobilità» e richieste di trasferimento. Ma questa sembrava ormai una chimera irraggiungibile, tant’è vero che lo stress continuo lo aveva portato a perdere molto peso. Secondo la moglie non stava perdendo equilibrio psichico, ma è evidente che la rabbia lo aveva travolto all’improvviso ed, evidentemente, non è stato in grado di controllarla. Il gesto non è giustificabile, ma verrebbe da chiedersi quanti, al suo posto, sarebbero riusciti a subire ingiustizie ogni giorno. Non voleva ucciderlo. Questo è certo. E il togliersi la vita subito dopo, ne è la conferma.