29 marzo 2024
Aggiornato 07:00
Roma e Ambasciata israeliana al centro delle intercettazioni

Terrorismo, sei arresti tra Lombardia e Piemonte: Progettavano attentato a Roma

Una importante operazione ha portato all'arresto di quattro persone tra le province di Lecco, Varese e Milano. Anche una coppia tra le ordinanze di custodia cautelare, ma i due sarebbero latitanti in Siria, insieme ai tre figli

MILANO - In diverse province della Lombardia e del Piemonte, una vasta operazione antiterrorismo condotta congiuntamente dalle Digos di Lecco, Varese, Milano e dal Ros dei Carabinieri ha portato all'arresto di quattro estremisti islamici accusati di «partecipazione ad associazione con finalità di terrorismo internazionale». Altre due persone sarebbero oggetto delle ordinanze di custodia cautelare, ma la coppia sarebbe espatriata e al momento latitante in Siria.

L'attacco a Roma
L'ordine è partito dall'alto, da uno «sceicco» o «principe» del Califfato che gli inquirenti non sono riusciti a identificare, e gli è arrivato sotto forma di «poema bomba» scritto in «arabo dotto». E lui, Abderrhaim Moutharrik, campione di kick boxing a livello internazionale, nato in Marocco nel 1988 ma da anni residente a Lecco insieme alla moglie, la connazionale Salma Bencharrki, era pronto al martirio. In diverse conversazioni intercettate dagli inquirenti milanesi dell'antiterrorismo, manifesta la sua intenzione di farsi esplodere a Roma, «centro della cristianità - come ha ricordato il procuratore aggiunto di Milano Maurizio Romanelli - e destinazione di milioni di pellegrini per il Giubileo». In cima alla lista dei potenziali obiettivi, il Vaticano e l'ambasciata di Israele: «Giuro che li attacco, sarò il primo ad attaccarli in Italia in questa crociata, il primo ad attaccarla, giuro, giuro che l'attacco nel Vaticano con la volontà di Dio», afferma in un dialogo del 25 marzo scorso. E ancora, il 6 febbraio: «Voglio picchiare (inteso come colpire e far esplodere) Israele a Roma», assicura. E precisa: «Sì,l'Ambasciata». Prima di immolarsi per l'Isis, però, Moutaharrik ha intenzione «mettere la mia famiglia in salvo», in Siria, nei territori occupati dalle milizie delle bandiere nere: «Voglio almeno che i miei figli crescano un po' nel paese del califfato dell'Islam, il paese dove c'è la legge islamica, questa è l'unica richiesta che voglio».

La coppia in Siria
A trasmettergli l'ordine per conto del Califfato («Caro fratello Abderrahim, ti mando il poema bomba, ascolta lo sceicco e colpisci nel Paese in cui ti trovi»), esaltandolo come «leone combattente», è stato un altro marocchino, da anni residente sul territorio italiano: Mohamed Koraichi, 32 anni, che ha gennaio 2015 ha lasciato il paese di Bulciago, provincia di Lecco, ed è pertito per la Siria insieme alla moglie, la 39enne italiana Alice Brugnoli, e i tre figli della coppia, di 6, 4 e 2 anni. E' lui a raccomandare l'amico Moutaharrik presso le massime autorità del Califfato. Sì, perché per essere arruolati tra le milizie dell'Is e combattere la Guerra Santa - questa una delle principali novità emersa dall'inchiesta milanese - serve una «tazkia», termine arabo che indica una sorta di raccomandazione da parte di un affiliato necessaria per «accreditare» all'interno dello Stato Islamico un altro altro potenziale terrorista. Una «chiamata alle armi», quest'ultima, che - come sottolinea nell'ordinanza di custodia cautelare in carcere il gip di Milano, Manuela Cannavale - ha fatto scattare un «estremo allarme per la sicurezza dello Stato e, comunque, per la sicurezza internazionale».

Un foreign fighter già espulso nel 2015
Così gli arresti sono scattati questa mattina, alle prime ore dell'alba. L'operazione condotta da agenti della Digos e militari del Ros ha portato in carcere quattro persone: insieme a Moutharrik e alla moglie Bencharrki, in manette è finito anche Abderrahmane Khachia, nato in Marocco nel 1993 ma residente a Brunello, provincia Varese. Il suo è un nome già noto agli inquirenti perchè è il fratello di Oussama Khachia, presunto foreign fighter espulso dall'Italia nel gennaio 2015 e morto in Siria mentre combatteva per il Califfato. E ancora, Wafa Koraichi, anch'essa marocchina, classe 1992 e residente a Baveno, comune della provincia di Verbabia sulle sponde del Lago Maggiore. E' la sorella Koraichi, pure lui destinatario insieme alla moglie Brugnoli dell'ordine di arresto che non è stato possibile eseguire dal momento che la coppia è in Siria da più di un anno ed è perciò latitante.

Lupi solitari
Tutti accusati di «partecipazione ad associazione con finalità di terrorismo internazionale» e tutti «lupi solitari», come li ha definiti il procuratore nazionale Antiterrorismo Franco Roberti, senza nessun legame con le altre cellule europee responsabili degli attentati di Parigi e Bruxelles. Il generale Giuseppe Governale, comandate dei Ros dei carabinieri, si è invece definito «preoccupato» per l'azione di indottrinamento messa in atto nei confronti di «soggetti indifesi e manovrabili» come bambini. Negli atti dell'inchiesta milanese c'è infatti la foto di quattro bambini in divisa da combattimento che inneggiano alla jihad con il dito indice puntato verso l'alto, in direzione del Paradiso. Tre sono figli della coppia di Bulciago, mentre il quarto bambino è invece il figlio della vedova di un martire jiahdista. L'immagine è quella che compare sul profilo Whatsapp di Alice Brugnoli: una donna nata e cresciuta in Italia ma che, come sottolinea il gip Cannavale nell'ordine di arresto, dopo il matrimonio con marocchino Mohamed Koraichi, «condivide i propositi e i programmi del marito» e si converte all'Islam radicale «con grande entusiasmo, o meglio, fanatismo» tanto da adottare il nome islamico di Aisha. In nome del nuovo credo religioso «addestra ed indottrina i figli in tenera età, ed è talmente fiera di ciò che pone quale foto del suo profilo WhatsApp la foto dei sui tre figli e di altro bambino vestiti da combattente e con il dito alzato ad indicare Dio».