19 aprile 2024
Aggiornato 06:00
Giorgia Meloni a testa bassa contro il Premier

«Renzi taglia la sicurezza, ma non taglia gli impresentabili»

La leader di Fratelli d’Italia denuncia l'insufficienza di uomini, strumenti e risorse finanziarie a disposizione delle forze di polizia. Intanto Berlusconi punta al tris

ROMA - «Le mosse del governo mettono a rischio la incolumità delle forze dell’ordine e quella di tutti i cittadini, oltre a determinare gravissime ripercussioni negative sul controllo del territorio ed il contrasto della criminalità». Giorgia Meloni punta il dito contro i tagli alla sicurezza e sceglie la via dell’interrogazione parlamentare per denunciare quello che definisce come un attacco alla sicurezza dei cittadini.

MELONI: BASTA TAGLI ALLA SICUREZZA - Ma il segretario di Fratelli d’Italia interviene anche sulla vicenda degli impresentabili, bacchettando il presidente del Consiglio che, secondo quanto ha riferito il candidato del Pd in Campania, avrebbe rassicurato Vincenzo De Luca sulla possibilità che la legge Severino sbarri la strada ad una eventuale investitura dell’ ex sindaco di Salerno alla presidenza della regione.

IL PREMIER È SOPRA LA LEGGE? - «Renzi garantisce De Luca sulla legge Severino? Mi sono persa una riforma costituzionale che pone il premier al di sopra della legge?». È quanto scrive su Twitter Giorgia Meloni. Intanto, per restare nel campo del centro destra, Silvio Berlusconi appare ringalluzzito dai sondaggi sull’esito delle regionali e non esclude che si possa ripetere quello che successe nel 2000 con D'Alema.

BERLUSCONI: VEDO IL TRIS - «Se facessimo un tris di vittorie in Veneto, Campania e anche Liguria, credo che una parte del Pd potrebbe costringere Renzi a dare le dimissioni e noi potremmo chiedere le elezioni per tornare ad essere un Paese veramente democratico», ha affermato il leader di Forza Italia durante una conferenza stampa a Genova.

REMEMBER D’ALEMA? - «Se vincessimo in Liguria - ha aggiunto l'ex premier - la vedo brutta per il signor Renzi. Potrebbe ripetersi - ha sottolineato - quello che era già successo nel 2000 quando io partii da Genova per la campagna elettorale e al governo c'era D'Alema e la nostra affermazione lo costrinse a dare le dimissioni. Non fummo noi a chiederlo ma - ha concluso Berlusconi - i suoi a imporglielo». L’ex Cavaliere ha poi rassicurato i suoi elettori che il rinnovato ottimismo che esibisce in questi giorni non è frutto di sogni o intuizioni, ma è sostenuto «dalle cifre che provengono dai sondaggi».

PRIMARIE SÌ, MA VERE - Berlusconi è anche tornato sul tema della successione al vertice di Fi e per la prima volta non ha escluso l’introduzione delle primarie nella scelta del futuro leader. Ma ha messo una condizione: che non continuino ad essere un affare privato gestito senza controlli da chi è in grado di manovrare i partiti. «Queste primarie così come sono adesso sono degli strumenti di manipolazione assoluta, non c'è nessun controllo. Devono essere regolate con una legge dello Stato che decida chi sono gli elettori e come si vota», ha precisato Silvio Berlusconi.

I GRILLINI E LA PENSIONE (LORO) - Infine il leader di Forza Italia ha riservato una stoccata anche a Grillo e ai suoi parlamentari: «I grillini guadagnavano da zero a 20 mila euro all'anno. Se stanno in Parlamento tre anni se ne vanno con 570 mila euro e la pensione a vita. Voi credete che se ne vadano? Se ne staranno sulle sedie del Parlamento con la colla, come Alfano», ha concluso Berlusconi sceso a Genova per sostenere il suo pupillo Giovanni Tosi, impegnato nella tornata elettorale per eleggere il prossimo presidente della Liguria.