Liuzzi (M5S): «Per il Governo, il digitale può attendere»
La deputata 5 stelle Mirella Liuzzi ha presentato ieri un'interrogazione parlamentare riguardante il ritardo cronico del nostro Paese in materia di Agenda digitale e banda larga. Che, nonostante gli obiettivi fissati dalla strategia Europa 2020, rimangono ancora, inesorabilmente, lettera morta
ROMA - Agenda digitale? Banda larga? Se ne parla da tempo, ma il nostro Paese, rispetto agli obiettivi fissati in Europa, sembra ancora essere il Matusalemme della situazione. E' stata la deputata cinque stelle Mirella Liuzzi, membro della Commissione Trasporti, poste e Telecomunicazioni e della Commissione parlamentare per l'indirizzo generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi, a presentare, ieri, un'interrogazione parlamentare sull'argomento che evidenziava il ritardo cronico italiano in materia.
GRANDE RITARDO - Un ritardo, che, di certo, non è una novità: soprattutto se si considera il rapporto di monitoraggio dell’attuazione dell’Agenda digitale italiana, che dal 5 marzo scorso "giace" telematicamente, forse un po' nascosto, addirittura sul sito della Camera. E in quel documento, di buone notizie, proprio non ce n'erano: lì si evidenziava, infatti, come in materia di Agenda digitale italiana (decreti legge "Crescita" "Crescita 2.0", "del Fare"), fra i 55 adempimenti considerati solo 17 erano stati adottati, e per quelli non adottati di ben 21 risultavano già scaduti i termini. I settori di intervento non ancora disciplinati erano molti, spaziando dal riordino del sistema statistico nazionale alla bigliettazione elettronica, dalla misurazione dei campi elettromagnetici alla trasparenza dell'attività parlamentare. Troppe le incertezze anche intorno all'Agenzia per l'Italia Digitale, a cui il rapporto imputa di non aver trasmesso, al Presidente del Consiglio o ministro delegato, l'Agenda nazionale dei contenuti e degli obiettivi delle politiche di valorizzazione del patrimonio informativo pubblico, e di non aver individuato le risorse umane, finanziarie e strumentali dell'Agenzia.
OCCORRE PIÙ ALFABETIZZAZIONE AL DIGITALE - La Liuzzi e gli altri interroganti, dunque, sottolineano che «l'Agenda digitale europea pone la banda larga come una delle sette iniziative chiave della strategia Europa 2020, prevedendo tra i suoi obiettivi: banda larga di base per tutti entro il 2013 e accesso a reti di nuova generazione (velocità pari o superiori a 30Mbps) per tutti i cittadini europei entro il 2020»; eppure, le risultanze dell'indagine conoscitiva dello scorso 8 novembre portata avanti dall'AGCM e dall'AGCOM hanno sottolineato tutti i limiti dell'«intervento pubblico in materia negli ultimi anni, formulando conclusivamente delle proposte per l'elaborazione di una politica industriale più efficiente e coordinata in un settore centrale per lo sviluppo economico, sociale e culturale del Paese». Il problema dell'Italia, però, è più complesso, perchè riguarda anche una domanda inadeguata e non al passo con i tempi: da qui, «la necessità di elaborare politiche pubbliche volte ad incrementare la stessa avviando campagne specifiche di alfabetizzazione al digitale, riconoscendo tale aspetto come la principale criticità strutturale allo sviluppo del settore, ma affermando, al contempo, come le condizioni attuali della domanda non possono rappresentare un '[...] alibi per un approccio timido nei confronti degli investimenti nelle nuove reti', quanto piuttosto deve rappresentare uno stimolo per l'elaborazione di politiche e interventi 'proattivi' volti a promuovere la domanda di servizi».
INVESTIMENTI INADEGUATI E INDETERMINATI - Anche gli investimenti, secondo gli interroganti, sarebbero del tutto inadeguati, in quanto «[...] tuttora circoscritti al prossimo biennio, mentre restano soggetti ad un'elevata indeterminatezza in relazione all'estensione dei progetti e alla tempistica prevista per la loro realizzazione»: pertanto, «tali piani di investimento non appaiono [...] idonei al raggiungimento degli obiettivi previsti dall'Agenda digitale europea entro il 2020, essendo peraltro, prevalentemente '[...] concentrati nelle zone urbane, e per alcuni operatori, solo nelle principali città'». Gli interroganti, dunque, danno voce alla richiesta delle Autorità del settore, secondo cui «appare necessario elaborare nuove forme di intervento pubblico per lo sviluppo della banda ultralarga, in particolare nelle aree del Paese, come la Basilicata, dove le forme di cofinanziamento degli interventi privati fino ad ora messe in campo si sono dimostrate totalmente fallimentari per lo scarso interesse degli operatori privati ad intervenire, anche a fronte della necessita di investire una quota minoritaria (30 per cento) per il finanziamento dell'intervento necessario».
SERVE L'INTERVENTO DELLO STATO - Occorrerebbero 2,5 miliardi di risorse pubbliche fino al 2020, secondo le stime di AGCOM e AGCM, «per consentire la digitalizzazione» nelle sole «aree del Paese sopra menzionate»: peccato che «allo stato attuale e nonostante i numerosi atti di sindacato ispettivo indirizzati dagli interroganti, il Governo non ha elaborato, né avviato alcun piano volto a ridefinire l'intervento pubblico negli investimenti in tale settore strategico del Paese". Per questo motivo, Mirella Liuzzi e gli altri interroganti chiedono conto al Governo «se, con quale tempistica e secondo quali modalità [...] intenda elaborare e attuare una coerente politica industriale in materia al fine di conseguire gli obiettivi dell'agenda digitale concordati in sede europea e nazionale». Nella speranza che la risposta sia celere,affinchè questa Agenda digitale non rimanga, come da tipico copione italiano, lettera morta.