18 aprile 2024
Aggiornato 14:00
Operazione «All Blacks»

Evasione da 2 miliardi, aveva 1.243 case e non le dichiarava

I finanzieri hanno contestato un'omessa dichiarazione di ricavi per circa 190 milioni di euro e la mancata dichiarazione di disponibilità estere in Lussemburgo, nel Principato di Monaco e in Svizzera (in violazione alle disposizioni sul «monitoraggio fiscale») per oltre 2,1 miliardi di euro

ROMA - Maxi evasione fiscale scoperta con l'operazione All Blacks dalla Guardia di Finanza di Roma: a un'imprenditrice che risiede in un lussuoso appartamento (attico e superattico) nella centralissima Roma medievale, non classificato come civile abitazione, i finanzieri hanno contestato un'omessa dichiarazione di ricavi per circa 190 milioni di euro e la mancata dichiarazione di disponibilità estere in Lussemburgo, nel Principato di Monaco e in Svizzera (in violazione alle disposizioni sul «monitoraggio fiscale») per oltre 2,1 miliardi di euro.

La mappa dei luoghi utilizzati dall'imprenditrice romana per nascondersi al Fisco comprende Principato di Monaco, Lussemburgo, Svizzera, Nuova Zelanda, Jersey e Bahamas. Alla stessa imprenditrice, ad oggi, sono di fatto riconducibili, ancorché siano stati intestati (sino ad alcune settimane orsono) a vari soggetti giuridici di diritto estero, ben 1.243 unità immobiliari, costituite da tre alberghi nonché appartamenti e relative pertinenze, la quasi totalità ubicati nella capitale.

Le indagini, dirette dalla Procura di Roma e svolte dai finanzieri del Comando provinciale della Capitale, hanno permesso di rilevare come la donna sia sempre stata «l'amministratore di fatto» di un'articolata struttura societaria, formalmente riferibile a proprie persone di fiducia ovvero ad una società fiduciaria ubicata in Lussemburgo, ideata negli anni '90 al fine di schermare l'effettiva disponibilità di ingenti capitali detenuti all'estero, anche in Paesi a fiscalità privilegiata. A tal fine nel 1999 aveva spostato, solo formalmente, la propria residenza nel Principato di Monaco e risultava cittadina monegasca sino al giugno 2010.

Le indagini, sviluppate anche con numerose perquisizioni presso le abitazioni di otto persone indagate, cinque sedi societarie e tre studi commercialistici (e, tra l'altro, con l'apertura di cassette di sicurezza presso banche e numerose audizioni) hanno riguardato le annualità dal 2003 al 2012. E' stata dimostrata l'effettiva e costante residenza nella capitale dell'imprenditrice. I finanzieri hanno poi appurato l'invalidità, sul piano giuridico, dei due «trust» artatamente posti al vertice delle catene di controllo societario, configuranti strutture fittiziamente interposte tra la stessa imprenditrice e le società estere controllate. La GdF ha inoltre proceduto a disconoscere gli effetti scriminanti di 10 scudi fiscali presentati nel 2009 con riferimento al patrimonio estero posseduto dall'indagata. Al Fisco italiano risultava dichiarare unicamente i compensi corrisposti in suo favore da alcune delle società, anch'esse coinvolte nelle indagini, nei confronti delle quali ella figurava prestare mere collaborazioni.

Sono state eseguite verifiche fiscali sia nei confronti dell'imprenditrice, quale persona fisica, che di tre holding lussemburghesi alla medesima riconducibili, constatando, complessivamente, ai fini delle imposte dirette - in mancanza, allo stato, di adeguata prova contraria della parte - l'omessa dichiarazione di ricavi, al lordo dei costi sostenuti, per circa 190 milioni di euro (oltre ad un'imposta di registro evasa per circa 230 mila euro).

Sul piano penale è stata denunciata alla Procura di Roma, insieme ad altre 11 persone tra cui alcuni consulenti, italiani ed esteri, incaricati della gestione contabile e fiscale ed effettivi artefici della creazione del fraudolento gruppo societario estero. A questi ultimi è stata ascritta, insieme all'imprenditrice, anche la fattispecie di associazione a delinquere finalizzata all'evasione fiscale, essendo emersi compiti, funzioni, direttive specifiche attribuite dall'organizzazione.

Le attività hanno anche permesso di riscontrare il sistematico, mancato versamento di tributi locali (Ici, Imu) per alcuni milioni di euro, connessi a gran parte del vasto patrimonio immobiliare favorito dalla complessa e poco trasparente struttura societaria cui gli stessi risultavano formalmente riconducibili.
La corretta quantificazione degli importi dovuti è resa particolarmente complessa, peraltro, dal fatto che, nel tempo, si sono verificate variazioni nella formale titolarità degli immobili, a seguito di conferimenti-cessioni di quote intervenute tra le imprese estere formali proprietarie. La concreta esigibilità di tali tributi, con annessi interessi e sanzioni, risulterà, quindi, certamente facilitata dall'avvenuta individuazione della persona fisica retrostante all'architettura societaria estera.