Marino: Roma soffoca, l’Europa ci aiuti
Per il sindaco la capitale non può sostenere l’invasione di 20 mila rifugiati. Rispetto al dopoguerra gli «accampamenti della disperazione» vengono su ad una velocità molto superiore
ROMA - La mappa dei disgraziati che vivono in condizioni disperate, fuori da ogni controllo e dimenticati da tutti, a Roma si allunga ogni giorno.
A leggere le ultime rilevazioni è un vero e proprio bollettino di guerra.
Le cifre che girano, ma nessuna ufficiale e verificata, parlano di 500 eritrei ed etiopi al Collatino. Alla Romanina si calcola che ci sia un altro migliaio fra somali, sudanesi, etiopi ed eritrei: vivono da anni tra infiltrazioni d’acqua e mura cadenti in uno stabile pericolante e malmesso dell’Enasarco. Un altro centinaio di africani ha tirato su una baraccopoli a Ponte Mammolo, dove una volta tiravano avanti i baraccati reduci della seconda guerra mondiale diventati protagonisti dei romanzi popolari di Pier Paolo Pasolini. Spesso da quelle parti passa qualche anziano signore che si ricorda di quei tempi e commenta: «sembra di essere tornati ai tempi degli sfollati».
Rispetto al dopoguerra questi accampamenti della disperazione vengono però su ad una velocità molto superiore a quella in cui venivano edificati nella seconda metà degli anni quaranta. Inoltre all’interno di una città che, anche se affannosamente, continua a vivere ai ritmi di una grande metropoli, può accadere che da un giorno all’altro spunti una corte dei miracoli della quale fino a quel momento le istituzioni ignoravano l’esistenza.
E’ accaduto in questi giorni a via Curtatone, a pochi passi dalla stazione Termini, quindi in una zona centrale e super affollata. Il nuovo ghetto per migranti è stato scopeto per caso: in un vecchio palazzo abbandonato dall’Ispra si erano sistemati infatti circa 450 clandestini provenienti dai centri di accoglienza, per la maggior parte sbarcati dalle carrette della speranza che ogni giorno solcano il Mediterraneo in cerca di un domani.
I 450 era lì da circa tre mesi quando improvvisamente è venuta a mancare l’acqua e la luce. In quelle condizioni è stato impossibile tirare avanti e quindi sono state le stesse associazioni di volontariato che avevano provveduto a trovare quella sistemazione a chiamare l’Acea per ripristinare i servizi essenziali. A rendere più drammatica la situazione bisogna aggiungere che il guasto alla luce è stato provocato dolosamente da chi è entrato nei tombini di una strada vicina per bloccare l’acqua e poi ha tagliato i cavi nella cabina dell’azienda elettrica comunale interrompendo il flusso di energia al palazzo occupato.
«Siamo vivi e quanto basta», dice Yohanns Mhretaab, 23 anni sbarcato a Lampedusa nel maggio del 2011 con altri 250 clandestini.».
«Perlomeno ora abbiamo un tetto, ho dormito in strada per più di un anno» dice un altro. E per mangiare tutti i giorni ci sono i pasti della Caritas in prossimità della stazione.
«Da soli non ce la facciamo più. Questa è una emergenza che deve diventare prioritaria per tutta l’Europa. L’ho detto anche al Papa che recentemente mi ha ricevuto in Vaticano», è l’appello che lancia il sindaco di Roma.
Ignazio Marino ricorda che nella capitale passano ogni anno oltre ventimila richiedenti asilo e in ogni momento in città si registrano 6mila presenze di rifugiati.
«Con i fondi del Comune abbiamo decuplicato i posti previsti dal Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati portandoli da 250 a 2mila 500 : uno sforzo enorme per un Comune con un deficit di 816 milioni di euro che ha già destinato 375 milioni alle politiche sociali», spiega il Sindaco.