29 marzo 2024
Aggiornato 13:00
Missioni militari

Mauro: L'Italia non immagina «al momento nuovi impieghi di forze armate su nuovi scenari»

Lo ha chiarito il ministro della Difesa, Mario Mauro, avvertendo però che non è possibile pianificare «le aree di instabilità e le crisi»

ROMA - L'Italia non immagina «al momento nuovi impieghi di forze armate su nuovi scenari». Lo ha chiarito il ministro della Difesa, Mario Mauro, avvertendo però che non è possibile pianificare «le aree di instabilità e le crisi».

«Abbiamo circa 7mila uomini impegnati in 21 Paesi e 26 missioni», ha detto Mauro, in occasione dello scambio di auguri di fine anno con i giornalisti al circolo Ufficiali delle Forze Armate d'Italia, rispondendo a una domanda su possibili impegni futuri in Nord Africa e Medio Oriente, «Sono stato in Kosovo, da lì si sono appena ritirati i francesi dovendo intervenire, oltre che in Mali, nella Repubblica Centrafricana: tutte le decisioni che noi assumeremo, le assumeremo nel dialogo con i nostri Paesi partner all'interno delle alleanze politiche qualificanti l'esperienza delle nostre istituzioni. Questo vuol dire che in concreto al momento non si immaginano nuovi impieghi di forze armate italiane su nuovi scenari».

Nello stesso tempo, ha tuttavia subito chiarito il ministro, «dobbiamo essere consapevoli che il mondo non pianifica le aree di instabilità e le crisi. Considerando che oggi viviamo, l'Italia in particolare, proiettati nel Mediterraneo, di fronte al Nord Africa, alle cui spalle è operativa una vera e propria legione straniera del terrore fatta di decine di migliaia di uomini ascrivibili alle più diversificate sigle del variegato mondo del terrorismo internazionale, noi dobbiamo aspettarci continuamente nuovi problemi».

L'Italia è pronta, ha assicurato Mauro. «L'attenzione è costante così come rilevanti sono le sfide», ha proseguito, «In un lungo colloquio ieri con la presidente del Kosovo, riflettevamo sul fatto che i cittadini che vengono da Paesi europei che in questo momento sono segnalati essere presenti nel disgraziato scenario siriano potrebbero essere più di 1.500, tra questi molti cittadini kosovari. Non dobbiamo quindi abbassare la guardia, dobbiamo essere consapevoli che quello terroristico è un contagio possibile dove ci sono forti ragioni per ideologizzare delle minoranze e dobbiamo essere soprattutto attenti alla cooperazione internazionale perché è nel dialogo con la comunità internazionale che vengono trovate le soluzioni più opportune».