29 marzo 2024
Aggiornato 10:00
Governo | Verso le Consultazioni

Nel PD è rischio scontro sul «Governo del Presidente»

Dopo il downgrading di Fitch sono davvero in pochi a scommettere sul tentativo di Pier Luigi Bersani e sia dentro che fuori il Pd ormai si parla solo di cosa accadrà «dopo», ovvero una volta che M5S avrà formalmente detto no al Segretario

ROMA - Dopo il downgrading di Fitch sono davvero in pochi a scommettere sul tentativo di Pier Luigi Bersani e sia dentro che fuori il Pd ormai si parla solo di cosa accadrà 'dopo', ovvero una volta che M5S avrà formalmente detto no al segretario. Chi ha contatti con il Colle assicura che Giorgio Napolitano, in assoluta discrezione, stia già ragionando anche sul 'piano B', ovvero su un possibile governo del presidente e mezzo Pd manda segnali di disponibilità a questa ipotesi. Il problema è che i gruppi parlamentari sono di altro segno, «non sono quelli dell'altra volta» fa notare un dirigente bersaniano doc, e non è un caso che il leader li abbia convocati in una riunione congiunta, senatori e deputati, lunedì, e poi in due incontri separati nei giorni successivi. Un parlamentare bersaniano assicura: «Un governo col Pdl non lo votiamo, e il 'governo del presidente' è comunque un governo col Pdl...». Il fatto è che anche tra la cerchia stretta bersaniana e i 'giovani turchi' non sembra esserci totale sintonia sul 'piano B' e secondo qualcuno anche Nichi Vendola starebbe suggerendo al leader Pd l'idea di un 'piano B' che non preveda il ritorno al voto immediato ma un passo indietro per un 'tecnico di sinistra'.

MAI COL PDL - Il segretario, al momento, vuole andare avanti e ha convocato i gruppi parlamentari per serrare le file di fronte all'annunciata apertura di molti maggiorenti al governo del presidente. Bersani si fa forte di un paletto: «Mai col Pdl», cosa che nessuno può contestare. E, come spiegato sopra, «mai col Pdl», significa, «no al governo del presidente», almeno per i più intransigenti tra i bersaniani. L'obiettivo del segretario è convincere M5S a dargli la fiducia o, in alternativa, mettere agli atti che Beppe Grillo ha detto no a un «governo di cambiamento» e puntare dritto al voto, già a giugno. Questo schema, però non convince molti, compresa Sel: Vendola, raccontano, è convinto che un ritorno al voto non sia la scelta più utile e sta provando a convincere il segretario democratico ad accettare un altro 'piano B'. Ovvero, in caso di fallimento del suo tentativo, non puntare al voto ma farsi da parte per un 'tecnico di sinistra', magari Fabrizio Barca, che possa provare a ottenere quei voti che M5S sembra non voler dare a lui. Ragionamento che anche alcuni giovani bersaniani cominciano a fare.

AL PROSSIMO GIRO TOCCA A RENZI - Bersani però, secondo le voci che girano in Parlamento, non ci pensa nemmeno a farsi da parte. Il segretario per ora pare determinato ad andare al voto, in caso di insuccesso, anche perché ha capito benissimo che ormai Matteo Renzi è in pista per candidarsi alle prossime elezioni e perdere tempo significherebbe solo fare il gioco del sindaco di Firenze. Raccontano che anche insospettabili dalemiani doc abbiano in questi giorni detto che «al prossimo giro tocca a Renzi», e di sicuro lo hanno detto Enrico Letta, Dario Franceschini, Walter Veltroni. I 'giovani turchi', però, non vogliono nemmeno restare schiacciati tra Bersani e Renzi e non a caso ieri Matteo Orfini ha detto che «se si tornerà a votare si faranno le primarie e vedremo, chiaramente ci saranno più candidati e non ci saranno automatismi: non è automatico che sarà Bersani il candidato, anzi mi pare complicato, ma non è automatico che possa essere Renzi. Ci saranno le primarie e ci sarà una sfida».

VOTO A BREVISSIMO - Chiaramente, tutto dipende da cosa succederà con il governo: Bersani sa che se parte un governo non guidato da lui, che sia del presidente o 'tecnico di sinistra', lui difficilmente potrà rientrare in partita. Per questo la sua prima opzione, in caso di insuccesso, è il voto a brevissimo, caricando su M5S la responsabilità del ritorno alle urne. Ma questo scenario potrebbe essere impraticabile, se lo spread torna a salire, come è probabile dopo la mossa di Fitch, e Sel non ritiene comunque il ritorno al voto la strada migliore. Bersani, insomma, potrebbe essere indotto anche da Vendola e da parte dei suoi a prendere in considerazione altre soluzioni. Il problema è che la direzione del partito potrebbe optare per un'altra soluzione ancora, appunto il governo del presidente.