Vatileaks, Gabriele: Io, maltrattato in cella
«Riguardo al furto aggravato mi dichiaro innocente. Mi sento colpevole per aver tradito la fiducia che aveva riposto in me il Santo Padre, che io sento di amare come un figlio». Il corvo del Vaticano ha precisato di non avere avuto complici ma di essere stato «suggestionato dall'ambiente»
CITTÀ DEL VATICANO - Attriti, veleni e divergenze, emersi da mesi in Vaticano con il caso della fuga di documenti riservati (Vatileaks), si sono trasformati oggi in un vero e proprio scontro tra i protagonisti della vicenda. Da una parte Paolo Gabriele, il maggiordomo accusato di furto delle carte, dall'altra gli uomini che lo hanno arrestato e detenuto, i gendarmi vaticani del comandante Domenico Giani, già bersaglio di un capitolo di 'Sua Santità', il bestseller che Gianluigi Nuzzi avrebbe scritto grazie ai documenti avuti dal maggiordomo.
«MI DICHIARO INNOCENTE» - Arrestato il 23 maggio, ai domiciliari dal 21 luglio, Paolo Gabriele è rimasto in una cella di sicurezza della caserma della gendarmeria vaticana per quasi sessanta giorni e oggi ha deposto al processo che lo vede come unico imputato. L'ex assistente di camera del Pontefice si è dichiarato, a sorpresa, innocente: «Riguardo al furto aggravato mi dichiaro innocente. Mi sento colpevole per aver tradito la fiducia che aveva riposto in me il Santo Padre, che io sento di amare come un figlio». Paolo Gabriele ha precisato di non avere avuto complici («Nessun altro, né su mia richiesta né su mia iniziativa»), ma di essere stato «suggestionato dall'ambiente».
In particolare, ha confermato di essere stato in contatto con sette persone che aveva citato negli interrogatori durante l'istruttoria: «padre Giovanni», suo confessore, i cardinali Angelo Comastri, vicario del Papa per la basilica di San Pietro, Paolo Sardi, ex 'ghostwriter' di Benedetto XVI ed ex vice-camerlengo, monsignor Francesco Cavina - oggi vescovo di Carpi ma fino al 2011 funzionario della segreteria di Stato - e l'ex governante di Ratzinger Ingrid Stampa. Sardi e Stampa, in particolare, erano stati menzionati in un'articolo del quotidiano tedesco Die Welt che faceva anche il nome dell'ex segretario personale del Papa, il vescovo Josef Clemens, che, ascoltato nell'istruttoria, non è stato invece nominato oggi.