18 aprile 2024
Aggiornato 15:00
Politica & Media | Il caso TG1

RAI, Verro: Minzolini potrebbe tornare alla guida del Tg1

Il consigliere di amministrazione della Rai: Il CDA di ieri si è spaccato come sempre, Maccari e Casarin eccellenti. Gentiloni (Pd): Intervento del Governo non è più rinviabile. Van Straten: Io resto in cda per continuare la battaglia

ROMA - «Dire di una Rai a pezzi è una lettura eccessiva. Il cda si è spaccato come tante altre volte, e più per ragioni di pregiudiziali politiche che non aziendali. I due professionisti nominati sono eccellenti. L'unica colpa di Maccari è di essere 'vecchio', ma nessuno lo discute professionalmente. Attribuire a lui una casacca politica è veramente sconvolgente, chiunque lo conosce lo considera come un grande aziendalista e un grande lavoratore». Lo ha dichiarato Antonio Verro, consigliere di amministrazione Rai, ospite di Radio 24.
«Tra l'altro - ha aggiunto - è stato introdotto un principio che per me dovrebbe valere sempre, cioè la nomina a tempo con clausola di recesso in un momento in cui pende il ricorso sul Tg1 di Minzolini. Ricorso che a mio modo di vedere ha grossissime possibilità di essere accolto e dunque Minzolini di essere reintegrato. Per me il suo ricorso è fondato, quindi la scelta aziendale ieri è stata ineccepibile».
«Io - ha concluso Verro - sogno un'azienda nella quale lo scandalo non sia la politica che chiede ma l'azienda che non cede. E garantisco che nelle nomine di ieri così è stato. L'azienda è andata avanti per la sua strada indipendentemente dalla politica».

Gentiloni (Pd): Intervento del Governo non è più rinviabile - «Se il governo intende intervenire per salvare il servizio pubblico non c'è più un giorno da perdere». Lo ha affermato l'ex ministro Paolo Gentiloni, responsabile del Forum ICT del Partito Democratico.
«Ieri la crisi della Rai - ha proseguito- è giunta a un punto di non ritorno. Il direttore del Tg1 è stato imposto da un accordo esterno tra i partiti di maggioranza del precedente governo. Questa scelta è stata fatta contro il parere del Presidente e ha provocato, con le dimissioni del consigliere Rizzo Nervo, la crisi anticipata di un cda che scade tra 50 giorni».

Meta (Pd): Dai vertici spettacolo mortificante per i dipendenti - «Ancora una volta i vertici della Rai alimentano una dura contrapposizione su questioni che non riguardano strettamente il rilancio del servizio pubblico ma semplicemente l'occupazione di poltrone e la nomina di direttori di testate o di rete. Quanto è avvenuto ieri nella più grande azienda culturale italiana è mortificante innanzitutto per i membri del Cda e per il direttore generale, oltre ad essere umiliante per i 12000 dipendenti che quotidianamente portano avanti, a fatica, il servizio pubblico». Lo ha affermato il deputato e capogruppo del Pd in commissione Telecomunicazioni alla Camera, Michele Meta, commentando la nomina di Maccari a direttore del Tg1 e di Casarin al Tgr che ha spaccato il cda della Rai.
«Non serviva lo spettacolo di ieri sera, con le dimissioni di un consigliere ed il voto contrario del Presidente sulla nomina del direttore del Tg1 - ha aggiunta Meta - per dimostrare come l'intero vertice della Rai sia delegittimato da tempo ed incapace di rilanciare il servizio pubblico per l'appuntamento col passaggio definitivo al digitale terrestre, ormai vicino. Ciò che serve alla Rai, ed in Parlamento esistono già alcune proposte ad hoc, è l'archiviazione definitiva della Legge Gasparri che ha contribuito a saldare in un abbraccio mortale i destini dell'azienda con le rivendicazioni dei partiti. Occorre rimuovere con una riforma della governance aziendale le incrostazioni della subalternità della Rai a logiche politiche che non hanno a cuore il bene del servizio pubblico e gli interessi degli spettatori-azionisti cui viene chiesto di pagare il canone».

Donadi (Idv): Fermare gioco allo sfascio, governo intervenga - «Il gioco allo sfascio sul servizio pubblico radiotelevisivo va fermato. Le dimissioni di Rizzo Nervo, cui va tutto il nostro plauso, segnano un punto di non ritorno rispetto al quale la politica non può far finta di non vedere la gravità della situazione». Lo afferma in una nota il capogruppo Idv alla Camera Massimo Donadi.
«I partiti - aggiunge - devono togliere le proprie mani dalla Rai prima che sia troppo tardi. Invitiamo il governo ad intervenire per sanare questa situazione vergognosa che mortifica la storia della più grande azienda culturale italiana e le tante valide professionalità che vi lavorano. Abbiamo presentato in passato le nostre proposte per modificare la governante e per restituire alla Rai il suo vero ruolo di servizio pubblico. Continueremo a presentare le nostre proposte al nuovo governo, che, al contrario del Cda, non è schiavo dell'asse Pdl-Lega che ha sinora massacrato l'azienda».

Van Straten: Io resto in cda per continuare la battaglia - «Pur rispettando le motivazioni che hanno portato Nino Rizzo Nervo a dimettersi, credo che sia più utile e coerente, in questa ultima parte del mandato, continuare dall'interno del Consiglio di Amministrazione la battaglia in difesa della Rai, di denuncia di ogni tentativo di danneggiarla». Lo spiega il consigliere Giorgio van Straten, riferendo di aver «chiesto nel corso dell'ultimo consiglio che venga aperto un procedimento, ai sensi del codice etico, nei confronti del direttore generale per una serie di comportamenti già denunciati in una serie di articoli di stampa e messi agli atti dalle lettere al presidente e al direttore generale da parte del consigliere Rizzo Nervo prima delle sue dimissioni».
«L'errore più grave della mia vita professionale - dice il consigliere nominati su indicazione del centrosinistra - è stato votare Lorenza Lei come direttore generale della Rai. Avevo sperato che un dirigente interno avrebbe tutelato l'autonomia dell'azienda, e invece Lorenza Lei si è dimostrata subalterna alla volontà della maggioranza di centrodestra anche dopo la caduta del governo Berlusconi; avevo ritenuto che la sua esperienza sarebbe stata utile a farne un buon capo azienda e invece si è rivelata inadeguata a dirigere e gestire una realtà complessa e ricca di potenzialità come la Rai; ero certo che i suoi comportamenti sarebbero stati cristallini e invece ha distribuito prebende e assunzioni, mentre su altri fronti la Rai taglia costi e, come nel caso di Rai corporation da lei presieduta, invia lettere di licenziamento».
«Ora Lorenza Lei se ne deve andare - aggiunge van Straten - e con lei, il prima possibile, un consiglio di amministrazione che, nonostante gli sforzi del Presidente, si è dimostrato incapace di assumersi la responsabilità di condurre la Rai oltre la crisi propria e del paese, utilizzando il diverso clima creato dal governo Monti, e che invece si è annodato intorno a vecchie logiche di maggioranza e di spartizioni di posti senza alcuna considerazione professionale».

Rao (Udc): Con Monti guerra finita ma il Cda non se n'è accorto - «Il consiglio di amministrazione della Rai si è sempre caratterizzato per una contrapposizione politica frontale tra berlusconiani e antiberlusconiani, speculare a quella che c'era nel Parlamento e nel Paese. Da qualche mese le cose sono cambiate, ma a viale Mazzini sembra che non se ne siano accorti. È rimasta l'ultima isola, abitata da reduci giapponesi, che non hanno ancora capito che la guerra è finita». Lo afferma Roberto Rao, capogruppo Udc in commissione Vigilanza Rai, in una intervista a Liberal.
Maccari e Casarin «hanno una storia ineccepibile in Rai, ma si sono trovati quasi a essere contrabbandati, con il finto alibi del 31 gennaio, mentre la loro scelta si sapeva che sarebbe stata quella definitiva. Sarebbe stato più corretto sostenerli fin dall'inizio, piuttosto che paragonare in commissione di Vigilanza, come ha fatto la dottoressa Lei, Maccari a un giovane precario senza garanzie e con un contratto capestro. Un trattamento davvero singolare e offensivo per un professionista della caratura di Maccari e che da al Tgl il senso di una precarietà assoluta nelle scelte dell'indirizzo».
«Mi sento garantito da professionisti come Maccari e Casarin - conclude Rao - ma non mi è piaciuto per niente il metodo con il quale sono stati nominati».