Lombardi: Il Papa bussa per visitare i detenuti e ascoltarli
«La prigione è lo specchio rovesciato di una società, lo spazio in cui emergono le contraddizioni e le sofferenze di una società malata»
CITTÀ DEL VATICANO - I Pontefici bussano «alla porta del carcere», per «visitare i carcerati» e «ascoltarli e dir loro una parola di conforto»: così il portavoce vaticano.
«E' stato osservato che il carcere è lo specchio rovesciato di una società, lo spazio in cui emergono le contraddizioni e le sofferenze di una società malata», afferma il gesuita Federico Lombardi citando il cardinale Carlo Maria Martini: «Il travaglio dei detenuti e dei loro parenti, le sofferenze delle vittime e dei loro familiari, i problemi degli addetti al servizio carcerario, le difficoltà delle autorità e gli interrogativi dei legislatori che costatano come gran parte dei problemi che il carcere dovrebbe risolvere rimangono di fatto non risolti se non aggravati. Insomma, è vero che la condizione delle carceri è uno degli indicatori fondamentali della civiltà di un Paese. E' quindi naturale che la Chiesa sappia di dover essere presente nel carcere e che anche i Papi - a cominciare dalla storica visita di Giovanni XXIII a «Regina Caeli» il 26 dicembre 1958 - bussino alla porta del carcere, per 'visitare i carcerati', stare un poco con loro e con chi ne condivide la sorte, ascoltarli e dir loro una parola di conforto. Non è un caso che ciò avvenga nel tempo di Natale, quando abbiamo più bisogno di gesti forti di solidarietà e di amore».
«In occasione del Giubileo del 2000 Giovanni Paolo II - ricorda Lombardi nel corsivo settimanale per Radio Vaticana - aveva chiesto discretamente, ma chiaramente e insistentemente, 'un gesto di clemenza' in favore dei detenuti. C'è stato o lo stiamo ancora aspettando? Domenica 18 siamo tutti invitati a recarci spiritualmente con il Papa al carcere di Rebibbia.
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