Jalil da Monti, sul tavolo il futuro del trattato
Il capo del Consiglio nazionale transitorio (Cnt) vedrà poco dopo anche il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano al Quirinale, dove sarà presente anche il ministro degli Esteri Giulio Terzi. «Riserve» dalle autorità post-Gheddafi, ieri Juppé a Tripoli
ROMA - Cosa fare del «trattato di amicizia» siglato da Italia e Libia il 30 agosto 2008? Questo il nodo principale dei colloqui di stamattina alle 10 a palazzo Chigi fra il presidente del Consiglio Mario Monti e il presidente libico Mustafà Abdul Jalil. Il capo del Consiglio nazionale transitorio (Cnt) vedrà poco dopo anche il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano al Quirinale, dove sarà presente anche il ministro degli Esteri Giulio Terzi.
Le premesse, nell'ottica italiana, non sono del tutto incoraggianti. All'inizio della settimana, dopo aver ricevuto a Tripoli l'ambasciatore d'Italia Giuseppe Buccino e il direttore generale per il Medio Oriente Domenico Giorgi, il vice ministro degli Esteri libico - citato dall'agenzia locale Wal - ha detto chiaramente che «su alcuni punti del trattato la Libia ha alcune riserve, che dobbiamo discutere». Il problema principale, e comprensibile, è che sotto l'accordo di Bengasi c'è la firma dell'ex dittatore Gheddafi.
Ma gli ostacoli non finiscono qui: ieri, con una tempistica quantomeno sospetta, il potente ministro degli Esteri francese Alain Juppé è volato a Tripoli per riunioni con lo stesso Jalil, con il primo ministro del governo di transizione Abdel Rahim al-Kib e con l'omologo libico Achour Ben Khayal. La visita lampo del ministro francese, hanno spiegato dal Quai d'Orsay, voleva essere «l'occasione per riaffermare che la Francia, che fin dai primi giorni ha preso il comando della coalizione internazionale per la protezione dei libici, sarà anche al loro fianco anche nella ricostruzione».
Un messaggio nemmeno troppo velato alle nuove autorità libiche e all'Italia, visto che in base al trattato di amicizia italo-libico - sospeso durante la guerra nel paese nordafricano e ovviamente poco gradito a Parigi e Londra - l'Italia dovrebbe finanziare opere pubbliche per 5 miliardi di dollari in 20 anni e ricevere in cambio una posizione privilegiata nelle commesse pubbliche libiche (leggi: infrastrutture e petrolio).
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