27 settembre 2023
Aggiornato 01:30
La richiesta dai Pm palermitani

Mafia: Romano, non temo le intercettazioni

Il legale del Ministro: «Contenuto vacuo. Azione legale contro la disinformazione». Il Gip di Palermo: Intercettazioni rilevanti e necessarie. Ascolti «occasionali», nessuna captazione diretta

ROMA - Il ministro per le Politiche Agricole Saverio Romano intende chiedere alla Camera di autorizzare l'uso delle intercettazioni richiesto dai pm palermitani, sottolineandone il «contenuto vacuo» e preannunciando invece azioni legali contro «gli autori di tutte le informazioni diffuse in maniera scorretta e in malafede» sul suo conto.
«E' evidente - ha affermato l'avvocato Raffaele Bonsignore, difensore del ministro- il tenore vacuo delle intercettazioni delle quali la Procura ha chiesto l'autorizzazione alla Camera e poichè il mio assistito non le teme, si augura che esse vengano presto autorizzate. Tengo però a precisare che ho ricevuto ampio mandato al fine di perseguire per via legale gli autori di tutte le informazioni diffuse in questi giorni in maniera scorretta e in malafede».
Il legale, in particolare, ha voluto sottolineare come «non corrisponde a verità» che «il mio assistito abbia agito per consentire all'impresa Graci di usufruire dei benefici previsti dalla cosiddetta legge Prodi, come del resto si evince dal tenore della intercettazione stessa».
«L'interessamento invece, come risulta da una lettura attenta delle intercettazioni - ha evidenziato l'avvocato Bonsignore - era quello di procurare al professor Lapis la copia di alcuni documenti relativi ad una procedura concorsuale alla quale aveva ricorso quell'impresa per consentirgli di utilizzare tale documentazione in una sede processuale relativa al fallimento della Sicilcassa processo nel quale egli era imputato nella qualità di componente del collegio dei sindaci di quella banca».

Il Gip di Palermo: «Intercettazioni rilevanti e necessarie» - Il deputato Saverio Romano, «nello svolgimento delle sue funzioni pubbliche si sarebbe messo al servizio degli interessi» di un comitato di affari (secondo l'accusa legato a Cosa nostra) che incentrava le sue attività sulle aziende del Gruppo Gas. Romano sarebbe stato al servizio di tali interessi «in ogni attività nella quale fosse richiesto, così violando, tra gli altri, i doveri di probità e imparzialità tipici della funzione esercitata». Lo scrive, riassumendo le tesi dell'accusa, il Giudice per le indagini preliminari di Palermo Piergiorgio Morosini, nella richiesta di autorizzazione all'utilizzo delle 25 intercettazioni a carico dell'attuale ministro delle Politiche agricole, accusato di corruzione aggravata.
A favore dei comitato d'affari ci sarebbero state «interferenze nelle regolari procedure di assegnazione» di concessioni e «certi vantaggi legislativi». Per provare tutto questo «ci si deve esprimere», si legge nell'ordinanza, «nel senso della rilevanza e necessità di tutte le conversazioni indicate».
Nel fascicolo, oltre alla trascrizione delle conversazioni di Romano con Gianni Lapis, socio e prestanome di Massimo Ciancimino, viene ricostruita la rete di rapporti con altri soggetti, come l'ex senatore Udc Salvatore Cintola (morto lo scorso anno) e il senatore del Pdl Carlo Vizzini. Le telefonate di Romano «unitamente ad altre tra diversi protagonisti della vicenda, se lette alla luce delle successive deposizioni di Ciancimino, Lapis e Livreri - scrive ancora il Gip - sembrano far emergere che, dopo la vendita della società in questione alla spagnola Gas natural, alcuni politici, tra cui gli onorevoli Romano, Cintola e Vizzini, avevano ricevuto compensi in danaro.
Si tratterebbe di compensi che, allo stato, non trovano spiegazione in causali alternative rispetto a quella della reciprocità di favori prospettata dall'organo dell'accusa».

Ascolti «occasionali», nessuna captazione diretta - Nell'inviare la sua richiesta alla Camera il giudice non ha trascurato di difendere la regolarità dell'operato dei pm sottolineando «il carattere occasionale delle intercettazioni» che coinvolgono il ministro Romano. Nessuna captazione diretta delle comunicazioni del parlamentare, scrive Morosini: gli ascolti sono frutto «dell'occasionale interlocuzione del parlamentare medesimo con persone indagate, le cui utenze erano state sottoposte legittimamente a controllo».
Secondo il Gip di Palermo l'autorizzazione preventiva «va richiesta se nel corso dell'attività di intercettazione emergano, non soltanto rapporti di interlocuzione abituale tra il soggetto intercettato e il parlamentare ma anche 'indizi di reità' nei confronti di quest'ultimo». Ma «lo spessore probatorio delle conversazioni tra Lapis e Romano» è emerso, si legge ancora nel provvedimento inviato alla Camera, «solo in epoca successiva alle captazioni, allorquando le dichiarazioni del coindagato Massimo Ciancimino (rese alla Procura della Repubblica di Palermo a partire dal giugno 2008) hanno fornito una differente chiave di lettura dei rapporti di natura economica intercorsi tra i due interlocutori negli anni 2003 e 2004, con conseguente possibile configurazione di forme di responsabilità penale anche a carico del parlamentare».