1 maggio 2024
Aggiornato 23:30
Caso Lavitola-Tarantini

Berlusconi furioso ma ostenta sicurezza: «Nessuna ragione per dimettermi»

Il Premier vorrebbe dare la sua versione in tv, ma si attendono gli omissis della Procura di Bari. Ma è il filone napoletano ad impensierire Silvio Berlusconi in questi giorni

ROMA - La battuta che riserva ai giornalisti al suo arrivo al Tribunale di Milano per il processo Mills è un classico del repertorio berlusconiano. «Io sto bene, voi meno. Avete delle facce bruttissime». Un classico è infatti l'ostentazione di tranquillità che il premier sfoggia mentre su di lui si abbatte la bufera delle intercettazioni ed emergono imbarazzanti frammenti delle Arcore's night.

Ma questo è quanto, sebbene in privato si mostri furioso. Di più il presidente del Consiglio, seguendo il suggerimento dei suoi avvocati, non dice. Niente comizi improvvisati anti pm. E dire che tutto Silvio Berlusconi avrebbe voluto, meno che trascorrere oltre due ore davanti all' 'accusatore' Fabio De Pasquale. «Ma ti pare - avrebbe argomentato - che devo stare qui a discutere di accuse che non esistono su fatti successi anni fa invece di occuparmi del Paese». Ma tant'è. Bisognava dimostrare che il premier non sfugge alla giustizia, come sembrerebbe dal suo rifiuto di rendere testimonianza ai pm di Napoli che indagano sulla presunta estorsione che avrebbe subito dal duo Tarantini-Lavitola. D'altra parte sul procedimento Mills pende la tagliola della prescrizione che scatterà a febbraio. Il fatto è che la decisione del taglio dei testi rischia di accorciare i tempi. E questo per Berlusconi è l'ennesimo capitolo di quella che considera una strategia di accerchiamento che lo fa infuriare ma da cui non intende farsi soffocare.

Ma è il filone napoletano ad impensierire Silvio Berlusconi in questi giorni. Il braccio di ferro ingaggiato con Lepore & Co. per ora è in fase di stallo. I pm hanno ancora in mano la carta dell'accompagnamento coatto, ma è possibile che prima di decidere in tal senso attendano fino a mercoledì. Fino a quando, cioè, il Tribunale del riesame si esprimerà sulla competenza territoriale. Berlusconi spera che il procedimento passi a Roma, circostanza che modificherebbe di molto lo scenario. Nel frattempo il Pdl schiera l'artiglieria pesante e, attraverso il capogruppo alla Camera Fabrizio Cicchitto, assicura che se i pm avanzassero la richiesta, il Parlamento sarebbe pronto a respingerla.

Resta poi la questione delle telefonate dell'inchiesta barese sul giro di escort. Per ora emergono stralci di conversazioni, imbarazzanti sì, ma niente a confronto - assicurano i ben informati - di ciò che si legge nelle parti omissate. Il rischio è che quelle conversazioni, scabrose da una parte e imbarazzanti sul piano internazionale dall'altra, finiscano sui giornali visto che ora sono anche a disposizione di tutti gli avvocati della difesa.
Ed è anche in attesa di capire quanto e cosa possa venir fuori da quelle telefonate, che molti collaboratori finora hanno avuto ragione sulla volontà del premier di andare in televisione e spiegare la sua verità. La stessa che va ripetendo anche a chi ha avuto modo di parlargli oggi, in questa giornata che lo ha visto prima impegnato nel tradizionale pranzo del lunedì con i figli, poi in conclave con gli avvocati. «Non ho nessuna intenzione né ragione per dimettermi» avrebbe spiegato il premier, ribadendo che se c'è qualcuno che ne ha il coraggio, si accomodi pure e provi a sfiduciarlo in Parlamento perchè lui a cedere sotto «l'offensiva mediatica» non ci pensa proprio. Anzi, Berlusconi continua a sostenere che il governo ha «18 mesi per fare le riforme» e presentarsi agli elettori nel 2013 vantandosi di aver portato l'Italia fuori da un momento difficile.

Ma il Premier sa che all'orizzonte ci sono due appuntamenti delicati per la maggioranza. Il primo è il voto sull'arresto di Milanese: la Lega potrebbe lasciare libertà di coscienza ma questo potrebbe non essere l'unico problema. Perché i boatos raccontano di fronde nel Pdl pronte, sfruttando la ormai certa richiesta di voto segreto, a «mollare» al suo destino l'ex braccio destro di Giulio Tremonti. Non a caso il premier ha già cominciato a dire in giro che comunque non si tratta di una votazione in grado di incidere sulle sorti dell'Esecutivo. Ed è forse anche per questo che il Cavaliere starebbe pensando di non tornare a Roma prima di giovedì, giorno del voto. Altro passaggio sotto i riflettori è quello della mozione di sfiducia del ministro dell'Agricoltura, Saverio Romano. Il presidente del Consiglio oggi ha sentito al telefono l'esponente dei 'Responsabili' e gli ha assicurato che «non esiste» alcuna richiesta di passo indietro, come ipotizzato sul Messaggero.