19 aprile 2024
Aggiornato 18:00
Caso Lavitola-Tarantini

Berlusconi, Pdl sotto choc. E occhi puntati su Alemanno-Scajola

Partito in imbarazzo dopo le nuove rivelazioni. Si teme che la miccia della crisi sia il voto su Milanese, ma l'arma del voto segreto potrebbe essere a doppio taglio

ROMA - In altri tempi, la contraerea berlusconiana avrebbe colpito con rapidità e convinzione maggiore. Ma di fronte all'ennesimo scandalo, anche i pretoriani di Arcore hanno scelto (almeno per oggi) un basso profilo, sintomo di un imbarazzo che quasi nessuno - a microfoni spenti - si spinge a negare. La strategia difensiva travestita da battuta di uno dei big pidiellini interpellati - «Otto donne a Capodanno? Dimostra che la cosa non sta in piedi, Berlusconi esagera al telefono, mica è possibile 'affrontare' otto donne in una sera» - racconta di una classe dirigente stordita dall'ennesimo colpo inflitto al leader. Non è insomma un caso che in pochi siano intervenuti per difendere il Cav, così come non è un mistero che nel partito il timore di una fronda interna inizi a prendere corpo. Sotto osservazione sono sempre gli stessi settori e gli stessi protagonisti: Alemanno, Scajola, Formigoni.

Certamente un caso, ma la tempistica della convention alemanniana in programma per il prossimo fine settimana accresce la suspance e alimenta paure. Il sindaco di Roma, dopo aver ricucito con Gianfranco Fini, riunirà a Roma fra gli altri proprio il Presidente della Lombardia e alcuni parlamentari scajoliani. Al momento non è dato sapere in che clima si arriverà a quell'appuntamento, né è possibile conoscere la decisione della Camera sul caso Milanese. Né, infine, è possibile prevedere quanto durerà la pubblicazione delle intercettazioni del premier. Ma certo alcuni segnali hanno fatto scattare l'allarme rosso a via dell'Umiltà: non solo il rinato dialogo tra Alemanno e Fli, ma anche la scelta di alcuni parlamentari scajoliani, pochi giorni fa a Montecitorio, di votare la fiducia alla manovra solo alla seconda chiama.

Una cosa sono i maldipancia, ormai di casa anche a via dell'Umiltà, altro è spingere il premier al passo indietro. L'ormai celebre «transizione morbida» non può essere imposta certo dal segretario Angelino Alfano, sostenuto dall'intera classe dirigente, ma con margini ridottissimi di azione nei confronti del presidente del Consiglio in carica. A lui il Terzo Polo chiede costantemente di favorire l'exit strategy, a lui guarda l'ala del Pdl più critica con il premier.

Proprio il Terzo Polo spinge sull'acceleratore nel tentativo di provocare la crisi. «Basta farlo cadere alla Camera, poi dovremo fermare l'esodo verso di noi. La metà dei deputati del Pdl non sarà rieletta, figuriamoci se vogliono andare a casa», dice un big futurista convinto della fattibilità di un nuovo esecutivo. E però, per la stessa ragione, le opposizioni stentano a rintracciare dieci deputati pronti a mettere da parte Berlusconi. Il grimaldello potrebbe essere il voto su Marco Milanese: se Fli sostenesse la scelta dell'Idv di richiedere un pronunciamento segreto, i malumori maroniti contro Milanese e i maldipancia pidiellini contro il Tesoro potrebbero affossare l'ex braccio destro di Tremonti. Ma l'arma del voto segreto è a doppio taglio: se nonostante tutto Milanese venisse «salvato» dall'Aula, allora i sospetti si concentrerebbero proprio sui «garantisti» dell'opposizione. Per questo, anche Fini mostra cautela e Fli deciderà la strategia solo a ridosso del voto.