5 maggio 2024
Aggiornato 06:00
Il premier attacca: Pecco, ma i puritani vogliono l’autoritarismo

Berlusconi: inchieste degne della Ddr. Io resisto

Il Premier vede un filo che unisce le iniziative dei pm e le critiche dei giornali, una manovra che a suo dire è «degna della Germania comunista». Bersani: «Parole eversive».

ROMA - Le inchieste sui presunti giri di escort e sulla telefonata alla questura di Milano sono un «golpe morale», iniziative giudiziarie degne della «Germania comunista», i pm si muovono di concerto con i media delle «lobby antiberlusconiane», ma il premier non ha intenzione di mollare. Silvio Berlusconi parla al Foglio, l'intervista verrà pubblicata domani ma le anticipazioni sono esplosive: il premier non fa sconti, ricorda la «saggezza» dei «padri costituenti», che scrissero l'articolo 68 sull'immunità parlamentare; ammette di essere un «peccatore», ma avverte anche che «i puritani» che lo criticano «vogliono l'autoritarismo». Parole dure, che fanno subito scattare la reazione del segretario Pd Pier Luigi Bersani: frasi «eversive», che portano la situazione quasi alla «soglia di allarme».

Berlusconi replica colpo su colpo agli attacchi di queste settimane: «Chi, come voi dite, predica una Repubblica della virtù, con toni puritani e giacobini, ha in mente una democrazia autoritaria, il contrario di un sistema fondato sulla libertà, sulla tolleranza, su una vera coscienza morale pubblica e privata. Io, qualche volta, sono come tutti anche un peccatore, ma la giustizia moraleggiante che viene agitata contro di me è fatta per 'andare oltre' me, come ha detto il professor Zagrebelsky al Palasharp. E' fatta per mandare al potere attraverso un uso antigiuridico del diritto e della legalità, l'idea di cultura, di civiltà e di vita, di una élite che si crede senza peccato, il che è semplicemente scandaloso, è illiberalità allo stato puro». Berlusconi vede un filo che unisce le iniziative dei pm e le critiche dei giornali, una manovra che a suo dire è «degna della Germania comunista». Afferma il premier: «Dalle cronache di questi giorni - afferma - si capisce che i pubblici ministeri e i giornali o i talk show della lobby antiberlusconiana, che trascina con sé un'opposizione senza identità propria, si muovono di concerto: si passano le carte, non si comprende in base a quale norma, come nell'inchiesta inaccettabile di Napoli; oppure, come è avvenuto a Milano, scelgono insieme i tempi e i modi per trasformare in scandalo internazionale inchieste farsesche e degne della caccia spionistica alle 'vite degli altri' che si faceva nella Germania comunista».

Ma, avverte, le indagini non porteranno a nulla e, in ogni caso, «in una democrazia il giudice di ultima istanza, quando si tratta di decidere chi governa, è il popolo elettore e con esso il Parlamento, che sono i soli titolari della sovranità politica».

Soprattutto, il premier gela ancora una volta quanti speravano in un suo passo indietro: «io resisto perché, come sempre nella mia storia, l'attacco al mio privato è in realtà un attacco al ruolo pubblico che svolgo, alla mia testimonianza democratica». Quello che la sinistra intellettuale vuole è un «golpe morale», cioé un modo per sovvertire il risultato delle urne, ma «stavolta c'è una coscienza pubblica diffusa dell'intollerabilità costituzionale e civile di un siffatto modo di procedere, il famoso golpe bianco, anche perché abbiamo un presidente che è un galantuomo, e allora ricorrono a quello che lei, caro direttore, ha chiamato 'golpe morale'. E' per questo che nel documento del Popolo della Libertà si parla di eversione politica. E' un giudizio tecnico, non uno sfogo irresponsabile».

Immediate le reazioni dell'opposizione: se Bersani parla di «parole eversive», il leader Udc Pier Ferdinando Casini descrive il premier come una persona che «ha perso la testa». Secondo Casini «l'opposizione deve smetterla di sperare: magari ci fosse un passo indietro di Berlusconi in Parlamento», a questo punto «c'è bisogno di sciogliere gli indugi, andare alle urne», solo in questo modo si arriverà a quel «governo di responsabilità nazionale» necessario al Paese.