Parla la Cei, il Pdl: «non strumentalizzare»
Il Premier soddisfatto dalle contraddizioni della Macrì. «Ma è stato di polizia. Ma io vado avanti. Non mi faccio distogliere da queste cose»
ROMA - Fabrizio Cicchitto parla di intervento da valutare «del tutto positivamente». Maurizio Gasparri invita a non strumentalizzare, e così fa un po' tutto il Pdl che in batteria sottolinea come il monito valga erga omnes. Ma le parole del cardinale Bagnasco, che descrive lo «sgomento» del Paese di fronte al caso Ruby, che invita la politica alla «sobrietà» ma anche a «fare chiarezza nelle sedi appropriate» non è suonato affatto tranquillizzante ad Arcore.
E' vero, l'intervento era abbondantemente atteso ed era stato autorevolmente 'anticipato' dalle parole di Bertone giovedì e da quelle del Pontefice il giorno successivo. Ma per quanto si faccia buon viso a cattivo gioco, e nonostante le 'ambasciate' di Letta o quelle tentate da importanti esponenti cattolici del Pdl, dalle parti di Silvio Berlusconi, il colpo viene comunque accusato. Soprattutto, viene spiegato, il premier teme che la Chiesa lo abbia già abbandonato e sia solo in attesa che emerga definitivamente il prossimo premier (magari Tremonti o Casini) per dare il segnale definitivo.
Ma Berlusconi, come ha ripetuto a profusione, non ha intenzione di dimettersi ed è certo, da premier in carica, di poter rappresentare ancora agli occhi del Vaticano un argine a certe posizioni espresse tanto dalla sinistra quanto da Fli. Non è forse un caso, dunque, se per esempio, nel commentare le parole di Bagnasco, il presidente dei senatori del Pdl, Maurizio Gasparri, sottolinei che di certo l'intervento della Cei sarà strumentalizzato dagli stessi «che quando la Chiesa parla di persona, tutela della vita, contrasto all'aborto chimico e testamento biologico insorgono contro le ingerenze cattoliche». Nel premier c'è però anche il timore che il monito della Chiesa si traduca, in termini di consenso elettorale, in un allargamento dell'area dell'astensione.
Chi si è ben guardata dal commentare le parole del presidente della Conferenza episcopale, è la Lega. Il Carroccio, d'altra parte, è tutto impegnato nella settimana decisiva del federalismo, ossia di quello che considera il 'termometro' della durata della legislatura. E sarà pur vero che si va verso uno slittamento del momento della verità sulla mozione di sfiducia a Sandro Bondi (sulla quale, pare, ci sarebbero perplessità dei finiani Barbareschi e Consolo e dell'Mpa), ma il Terzo Polo non molla la presa nei confronti del premier. Da una parte Casini che invita il Pdl a gettarsi alle spalle Berlusconi e a dare vita a un altro governo, dall'altra Fini che ribadisce la necessità che il premier abbia «senso dello Stato e rispetto delle istituzioni».
Berlusconi però resiste nel suo «fortino». Domani sarà di rientro a Roma, oggi ad Arcore è stato come al solito impegnato nel pranzo con i figli, in riunione con Ermolli e Confalonieri, e a colloquio con Letizia Moratti per parlare delle amministrative di Milano. E poi, ovviamente, in 'consiglio permanente di guerra' con i suoi avvocati. Raccontano che il Cavaliere abbia avuto un ghigno più che soddisfatto di fronte alle prime contraddizioni emerse dalla deposizione della escort Nadia Macrì, ma che comunque abbia insistito a sfogarsi contro quello che giudica uno «spionaggio» nei suoi confronti. Addirittura, il premier avrebbe rispolverato il concetto di «stato di polizia». «Ma io vado avanti. Non mi faccio distogliere da queste cose» avrebbe detto. Anche se, secondo alcuni, il Cavaliere potrebbe decidere di dare 'fuoco alle polveri' della campagna elettorale se effettivamente, come chiedono i pm di Milano, si arrivasse per il caso Ruby al rito immediato.
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