7 maggio 2024
Aggiornato 06:30
Caso Ruby

Pd-Idv attaccano, ma i Democratici scettici su mozione

Dubbi al Nazzareno: «Uscirebbe dall'angolo... Udc e Fli non ci stanno». Di Pietro: «Chiarimenti e dimissioni»

ROMA - La faccenda della telefonata alla Questura mentre 'Ruby' era in stato di fermo va cavalcata per Pd e Idv, Pier Luigi Bersani e Antonio Di Pietro attaccano il presidente del Consiglio chiedendo chiarimenti e dimissioni, ma difficilmente, almeno per ora, la faccenda non porterà ad una mozione di sfiducia parlamentare. Di Pietro l'ha già evocata, ma i democratici sembrano assai scettici al riguardo, dopo aver constatato che Udc e Fli sulla faccenda mantengono un rigoroso riserbo. E se le cose stanno così, ragionano al Pd, inutile imbarcarsi in una mozione che non avrebbe i numeri e «farebbe uscire dall'angolo Berlusconi».

L'Idv, ha spiegato Di Pietro, deciderà sulla sfiducia dopo aver ascoltato la risposta del Governo alle interpellanze durante il prossimo question time. Ma in ambienti democratici al riguardo non ci si fa troppe illusioni: «Dobbiamo prendere iniziative che possono arrivare a un risultato. Certo, se Fli maturasse la convinzione che così non si può andare avanti». L'ipotesi, però, è smentita con nettezza dalle parti di Futuro e libertà: non sembra che Fini intenda staccare la spina ora per la vicenda Ruby.
«Durante il prossimo question time alla Camera - dice Di Pietro - chiederemo all'esecutivo quello che tutti gli italiani si stanno domandando, ossia se il presidente del Consiglio abbia veramente abusato della sua posizione governativa, telefonando alla Questura e se abbia dichiarato il falso in favore della ragazza. In base alla risposta, decideremo se presentare una mozione di sfiducia nei confronti del capo del governo non ci interessano gli aspetti pruriginosi della vicenda».

Bersani usa solo poche parole e dice: «A noi non interessa la sua vita privata, a noi interessa la sua vita pubblica. Pretendiamo di sapere che cosa è avvenuto tra palazzo Chigi e la questura di Milano. E Berlusconi non pensi di poter aggirare questa domanda». E' su questo punto che i democratici intendono insistere, senza però arrivare ad iniziative in Parlamento (a parte le interrogazioni) fin quando non si avrà la certezza di poter colpire il bersaglio. D'altro canto, è il ragionamento del segretario, questa vicenda non è come quella di Noemi Letizia: la telefonata di palazzo Chigi alla questura è roba delicata e Berlusconi, secondo i democratici, non potrà cavarsela con battute e facendo appello al diritto alla privacy. «Noi - dice Anna Finocchiaro - non ci occupiamo di gossip né delle nottate di Silvio Berlusconi su cui, per pietà, non insistiamo. Ma ci sono aspetti istituzionali, in questa vicenda, che vanno chiariti davanti agli italiani».

E Dario Franceschini punta il dito anche su Roberto Maroni. «Più passano le ore e più il silenzio del ministro dell'Interno è assordante. Nessuno vuole sapere le opinioni di Maroni sulle vicende personali di Berlusconi, ma come ministro dell'Interno ha il dovere di tutelare le forze dell'ordine da ogni pressione personale e politica». Linea condivisa anche dall'ala veltroniana, come dimostrano le parole di Marco Minniti: «Al di là dei giri di parole imbarazzati, e imbarazzanti, la telefonata del premier alla Questura di Milano è confermata. E non si è trattato di un'opera di bene; Berlusconi è costretto ad utilizzare il suo potere, probabilmente abusandone, e la sua capacità di condizionamento in una situazione delicata coinvolgendo per giunta un corpo di Polizia».