19 aprile 2024
Aggiornato 13:30
Religione & Società

Tettamanzi: grave l'egoismo di chi dovrebbe pensare al bene comune

L'Arcivescovo di Milano sferza politica e società nell'omelia dell'Assunta

MILANO - Egoismo e individualismo sono nemici della relazione con l'altro: il cardinale Dionigi Tettamanzi, arcivescovo di Milano, sferza politica, Chiesa e società nell'omelia pronunciata nel Duomo in occasione della festività dell'Assunta. A suo giudizio «il rischio che tutti corriamo è di guardare in basso, solo in basso, imprigionati e rovinati come siamo dal nostro 'io': un 'io' spesso pesantemente segnato dall'individualismo e dall'egoismo, un 'io' che ripiegandosi su se stesso tende ad assolutizzarsi, a configurarsi come un 'idolo' da adorare e per il quale si è disposti a sacrificare tutto. Ma un 'io' così - si legge nel testo dell'omelia pubblicato sul sito della diocesi meneghina - inquina il rapporto essenziale che ciascuno di noi ha con gli altri: siamo fatti per l'incontro e la relazione».

Per Tettamanzi il «soggettivismo» è un virus che mina la società e la famiglia, ma «questo atteggiamento è altrettanto grave e dagli effetti altrettanto dannosi quando è realizzato da coloro dai quali invece ci si attenderebbe un contributo decisivo alla costruzione del bene comune: penso ad alcuni modi di vivere il 'noi' tipico dell'esperienza dell'associarsi per fare politica, sindacato, impresa economica, servizio pubblico o - addirittura - ad alcuni modi di vivere l'esperienza ecclesiale...».
«In apparenza si dichiara - come dovrebbe essere per natura e statuto - di essere a servizio degli altri, in realtà - ammonisce il cardinale - si considerano 'gli altri' funzionali ai propri interessi, per sfamare il bisogno di potere, notorietà, ricchezza. Così, senza l'apporto di queste istituzioni al bene di tutti, la Città e il Paese non sono più guidati e sostenuti in un percorso ragionato e lungimirante di crescita complessivo, attento ai bisogni di tutti. Gli interessi dei singoli e dei singoli gruppi prevalgono violentemente, ferendo e disgregando le città, limitando la sua progettualità, esponendo ad ancora maggiori povertà e debolezza - conclude - chi povero e debole lo è già».