30 aprile 2024
Aggiornato 20:00
La rottura nel Pdl

Berlusconi a Fini: scissione se fai i tuoi gruppi

Il premier dopo il vertice Pdl: «Andiamo avanti insieme. Spero in risposta positiva». Fini: «Gruppi più lontani»

ROMA - Si tratti di invito o ultimatum, di certo c'è che Silvio Berlusconi ha buttato la palla nel campo di Gianfranco Fini. Il Cavaliere, convinto che non esistano «problemi politici consistenti», si aspetta dal co-fondatore del Pdl «una risposta positiva», e a mezzo conferenza stampa ha illustrato al Presidente della Camera le 'condizioni' di una nuova ripartenza per «superare le incomprensioni». Giovedì, infatti, in occasione della prima direzione nazionale del Pdl sarà presentato un documento anticipato oggi da Berlusconi e sottoscritto all'unanimità dall'ufficio di Presidenza, nel quale si invita Fini a «desistere» dal proposito di costituire gruppi parlamentari autonomi. Ipotesi, quest'ultima, che per il presidente del Consiglio rappresenterebbe «una scissione» e non sarebbe compatibile con la carica di Presidente della Camera.

Concetti, questi, ribaditi più volte nel corso del suo intervento nella riunione di palazzo Grazioli. Un pomeriggio di altissima tensione, segnato dalla scelta di Fini di non fermare la macchina organizzativa per un eventuale gruppo autonomo. Grandi manovre in corso, che passano anche dalla decisione di tenere domani un pranzo fra almeno quindici senatori interessati al «progetto» e martedì prossimo la convocazione di una riunione dei finiani in vista della Direzione del Pdl fissata per giovedì. Anche le notizie che trapelavano dalla riunione di palazzo Grazioli, raccontavano di un Berlusconi che prendeva atto di una decisione già presa: «Ho tentato di convincere Fini, ma lui vuole gruppi parlamentari», era quanto riferivano fonti del Pdl.

Poi la conferenza stampa del premier, con l'invito unanime dell'Ufficio di presidenza a Fini a «desistere» dalla creazione di propri gruppi parlamentari, per «continuare insieme l'avventura del Pdl», «scongiurare» il voto anticipato, anche perchè «non ci sono motivi politici consistenti» alla base delle tensioni. Per convincere Fini a fermarsi, Berlusconi offre la convocazione sistematica degli organi interni (Ufficio politico ogni 15 giorni, Direzione ogni due mesi) e un secondo congresso del partito dopo quello del partito «entro un anno, un anno e mezzo». Ma sul piano politico, nessuna correzione nel rapporto con la Lega: «Ci crediamo, è un'alleanza solida, robusta e stabile», che non ha portato «mai un dissenso». E alle accuse di 'trazione leghista' dell'Esecutivo replica: «La Lega è rappresentata nel Governo da tre ministri, noi da 21».

Incalzato dalle domande dei giornalisti, Berlusconi spiega poi cosa succederebbe se Fini non si fermasse, e probabilmente sono questi gli argomenti più consistenti: per il Governo «nessuna conseguenza», necessità «riconosciuta anche da Fini», ma per il Pdl sarebbe «una scissione», e l'ex leader di An dovrebbe lasciare la Presidenza della Camera.

Al termine della riunione, i commenti dei finiani sono positivi. Adolfo Urso è esplicito: «L'ipotesi della creazione di gruppi autonomi è molto più lontana. Non vedo rischi per la caduta di Governo». E anche Andrea Ronchi e Italo Bocchino parlano di riunione «costruttiva», con una conclusione «frutto del lavoro intenso di tutto l'ufficio di presidenza» per cui l'auspicio dell'unità del Pdl «è unanime». Aggiunge l'altro finiano Andrea Ronchi: «Giovedì si riunirà la Direzione, lì Fini spiegherà che la sua posizione non è personalistica ma è tesa a rafforzare il Pdl e la linea politica dell'alleanza».