28 agosto 2025
Aggiornato 08:00

Alfano: «Chi ruba lo fa per se non per i partiti»

Il governo mette i paletti etici sulla via del Parlamento e dintorni

Il governo in tema di corruzione ha fatto bene a prendere il toro per le corna e a mettere finalmente dei paletti etici davanti all’ingresso del Parlamento e dintorni.
Ora si tratterà di vedere se il provvedimento messo in campo da Palazzo Chigi, che equipara le regole per le candidature di Camera e Senato a quelle previste per gli amministratori locali, riuscirà a superare le resistenze che inevitabilmente incontrerà nel suo cammino e soprattutto in quanto tempo riuscirà a diventare legge.
Detto questo, va comunque riconosciuto al governo di avare dato prova di buona volontà.
Ci voleva dopo quanto è accaduto e sta accadendo in questi giorni, non solo sotto il profilo giudiziario, ma anche nell’abito politico.

Ha lasciato molto sconcerto infatti quello che è successo al momento della presentazione delle liste dei candidati regionali nel Lazio e in Lombardia.
E’ chiaro che tutti si augurano che le due vicende si chiudano al più presto con il reinserimento delle due liste escluse. Se così non fosse si aprirebbe un baratro nella regolarità delle consultazioni delle due più importanti regioni italiane ben più grave di quello provocato da irregolarità formali, qualunque esse siano.
Quando lo strappo verrà ricomposto sarà però indispensabile aprire una riflessione su quanto sta avvenendo all’interno dei partiti che ci rappresentano e sulla loro «governance».
Soprattutto l’inghippo romano è stato provocato da azioni troppo maldestre per non dare adito a sospetti sull’effettivo controllo da parte dei vertici di apparati che sembrano rispondere unicamente a se stessi.
Chi di dovere dovrà infatti verificare quanto corrispondono alla realtà le ricostruzioni dell’episodio romano fatte da giornali come il Corriere della Sera che riportano di scene e gesti, riferiti agli ultimi minuti cruciali per la presentazione delle liste, documentati con riprese filmate da appartenenti allo stesso tetto politico, cioè al Pdl. Insomma, secondo i resoconti dei giornali, il ritardo nella presentazione delle liste sarebbe stati provocati da sgambetti e trabocchetti messi in atto da alcuni protagonista di una faida interna al Pdl romano. Colpi bassi poi scaduti in dramma quando gli esponenti radicali, presenti nei corridoi del tribunale, hanno attuato manovre ostruzionistiche per sfruttare la situazione.
Indubbiamente da qualsiasi parte lo si guardi il quadro che si presenta ai cittadini è tutt’altro edificante.

Nè migliora se si sposa la versione di chi giustifica i ritardi o le incomprensioni avvenute al momento di depositare la lista del Pdl con un improvviso e improvvido attacco di fame.
La vicenda della presentazione delle liste per il Lazio è talmente acida da giustificare le parole di un protagonista desaparecidos della Prima Repubblica, cioè Paris Dell’Unto, ex reggente del Partito Socialista nel Lazio, che dall’alto della sua esperienza di manovratore di tessere ha ricordato con aria di rimprovero che ai suoi tempi erano i big ad assolvere al compito delicato di portare le liste in tribunale e non figure di secondo piano.
Ha ragione il ministro della Giustizia, Angelino Alfano, quando dice che i tempi non sono più quelli di Dell’Unto, che oggi «chi ruba lo fa per se stesso e non per i partiti».
Il problema è capire se la constatazione del ministro della Giustizia ci deve rassicurare o preoccupare maggiormente.
È finita infatti l’era della «dazione» politica. Sono passati gli anni dei pacchi di quattrini che viaggiavano nelle segreterie dei partiti, maneggiati con disinvoltura da semplici, ma fedeli segretarie. Purtroppo non è finita la corruzione. Anzi c’è la sensazione di assistere alla sua parcellizzazione, dove anche il più modesto incarico politico può trasformarsi in una posta doganale alla quale dover pagare un pedaggio.
I processi sommari e il qualunquismo accusatorio non hanno mai giovato alla politica.
Ma un danno ancora maggiore possono provocarlo le tentazione anarchico-affaristiche della casta.